L’articolo che segue non vuole essere una recensione dello spettacolo “Sette maestri d’Italia più uno” di Andrea Scanzi. La premessa è d’obbligo perché chi scrive molto probabilmente non ne avrebbe la competenza. Lunedì sera, per la prima giornata della quinta edizione della Festa del Libro a Sant’Andrea di Conza, il giornalista de “Il Fatto Quotidiano” si è mostrato al pubblico dell’Episcopio nelle vesti di performer teatrale sotto la direzione della scena di Simone Rota. Un monologo, il suo, contaminato dalla presenza di foto e filmati e ispirato da personaggi geniali, icone della cultura e della società a cavallo tra il secolo scorso e il presente, legati tra loro da percorsi sinaptici coerenti svelati a poco a poco.
Da Fabrizio De Andrè a Don Gallo, da Ivano Fossati a Edmondo Berselli, da Arrigo Sacchi a Marco Simoncelli, da Roger Waters a Giorgio Gaber. Maestri per Scanzi che ha avuto il piacere di conoscerli e di individuare in ognuno di loro una caratteristica o un’attitudine nei confronti della vita e del mondo degne di essere caricate di una funzione formativa. E’ il caso della fede laica di De Andrè, cioè della sua capacità di dare voce agli ultimi attraverso i suoi testi e la musica che lo portò a definire Gesù il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. O dell’eroismo del quotidiano di Ivano Fossati, che seppe discernere l’affacciarsi del tempo in cui ritirarsi a vita privata perché era troppo forte l’esigenza della quotidianità lontana dai riflettori e troppo flebile la sete di scrittura. Così volendo provare ad assegnare un titoletto anche agli altri sei personaggi, Sacchi e Simoncelli appaiono quasi agli antipodi: il primo maestro dello spirito di squadra, il secondo esaltazione dell’individualismo impavido del pilota.
Roger Waters dei Pink Floyd, mito assoluto per Scanzi, è l’innamorato delle sfide; Giorgio Gaber, colui che come Pasolini era fortemente pervaso dal costante, e a volte persino iconoclasta, desiderio di andare oltre. Edmondo Berselli, che di Scanzi fu mentore, è la firma “zero retorica“: perché la rifiutava e perché fu tra gli editorialisti e commentatori di punta dei cosiddetti anni Zero. Nell’umanità applicata di Don Gallo, che fece degli ultimi una missione, si rintraccia un attualissimo appiglio con la realtà, con la sfida politica e culturale dell’accoglienza e con il tema della festa del libro santandreana: migrazioni, intese come partenze ma pure come arrivi. E il prete di strada infatti affermava “dimmi chi escludi e ti dirò chi sei”.
A voler trovare un limite, più alla formazione del saggista toscano che allo spettacolo, si potrebbe sottolineare che neppure una donna figura tra i suoi maestri. La migliore qualità di “Sette maestri d’Italia più uno” è invece la capacità del giornalista Scanzi di mettersi in secondo piano, rendendo totalmente protagonisti i personaggi al punto da far quasi scomparire lui: sono tutti per loro gli applausi, come se fossero anch’essi presenti in scena.
La serata, sotto l’effetto del “vento sublime dell’Alta Irpinia“ per citare la firma de “Il Fatto quotidiano”, è proseguita tra i vicoli e le piazzette del centro storico tra un piatto di ottimi cavatelli con la mollica fritta, vino e birra irpini, musica e un’atmosfera serena e gioviale. Libri a scopo decorativo lungo le serpentine che dall’Episcopio scendono verso il corso, libri sugli stand. Tanti volti giovani, sindaci altirpini e imprenditori, mostre fotografiche e pittoriche. I lavori dei ragazzi dello Sprar. E stasera si continua con il premio Campiello 2015, Marco Balzano.
(Gli scatti di Scanzi sono di Valeria Frino).