Una questione di quorum, o comunque di affluenza. Vale in Italia e vale anche in Irpinia, dove per il coordinamento provinciale no triv e per il geologo Franco Ortolani “è certo che le compagnie andranno a studiarsi i territori uno per uno dopo il voto. Dove ci sarà una forte presenza delle comunità e delle istituzioni locali, che motivatamente evidenziano le incompatibilità delle attività petrolifere rispetto al territorio, i petrolieri saranno scoraggiati. A un certo punto andare ad aprire attività costose in un territorio che può creare problemi in continuazione non conviene“. In vista del referendum sulle trivelle del 17 aprile si registra il forcing finale del coordinamento, con la campagna che si concluderà simbolicamente e sostanzialmente il 14 sera ad Avellino. Lunedì mattina incontro con gli studenti del Liceo “De Sanctis” di Sant’Angelo dei Lombardi. Interventi e domande degli studenti, una curiosità sul tema che ha rincuorato i due esponenti Roberto De Filippis e Antonio Famiglietti. Tutto a testimonianza dell’ottima intuizione del coordinamento stesso: uscire fuori dalle sale convegni per addetti ai lavori e andare nelle scuole (nella foto De Filippis e uno studente).
Il fatto però che molti dei ragazzi del “De Sanctis” di Sant’Angelo non sapessero dell’interesse delle compagnie petrolifere per l’Irpinia è un qualcosa che deve far riflettere seriamente, a prescindere dal referendum del 17 aprile. Una frattura evidente, forse fin troppo, tra ragazzi iper-curiosi e altri assolutamente disinformati per loro stessa ammissione.
Non è il caso di aprire l’ennesimo e sterile capitolo sull’informazione e gli adolescenti, sull’uso dei social network e sulla distanza tra i giovani e ciò che realmente circonda i giovani. Oppure sulla distanza tra professori e alunni. A noi oggi, prima e dopo il 17 aprile, interessa soltanto evidenziare come esistano ancora strati di società disinformati rispetto alla questione petrolio in Irpinia.
E saremmo assolutamente disonesti se non ci prendessimo un’enorme fetta di responsabilità. Se infatti il progetto “Nusco” resta un perfetto sconosciuto per una parte degli under 19, una dose di colpa ce l’ha l’informazione in generale, rea di non intercettare gli adolescenti su determinati temi. Ma più di una domanda dovrebbero farsela anche i comitati, sulla loro effettiva capacità di coinvolgimento popolare. Accade che spesso stampa e movimenti, in particolare sui problemi dell’ambiente, si intreccino fino a formare un unico soggetto: chiuso e autoreferenziale. Probabilmente un errore; soprattutto in questi anni in cui una vicenda dall’iter ancora aperto (il petrolio) risultava invisibile rispetto ad altre vicende più tangibili di periodi ormai lontani (le discariche, gli ospedali). Troppe volte dibattiti e confronti in piccole stanze con una platea di 20-30 persone. Troppe locandine distribuite online, troppo online e poca strada. Con un linguaggio iper-tecnico, toni spesso esasperati e parole ripetute come ritornelli senza tener conto di chi le stava ascoltando.
A questa visione si potrebbe tranquillamente obiettare che grazie ai comitati e grazie alla stampa le battaglie arrivano direttamente nei luoghi del potere e sono spesso in grado di modificare le decisioni. Ma sarebbe auspicabile che tutti venissero a conoscenza di quelle decisioni e di quei problemi. E se il ragazzo non viene dal comitato o dal giornale, forse sono questi ultimi a dover andare dal ragazzo. Il coordinamento irpino no triv, ripetiamo, ha fatto benissimo a entrare nelle scuole. Confronti che però dovrebbero essere costanti. Speriamo quindi che dopo il 17 aprile cambino un po’ di cose, che si utilizzino nuovi approcci rispetto al “sapere”.