Da Franco Arminio, riceviamo e pubblichiamo
Ieri sera a Bisaccia il sindaco del mio paese mi ha dedicato tutto il suo comizio. Quello che ho capito io è questo: noi siamo concreti, tu no. Tu ami le margherite, noi il cemento armato. Il sindaco di Bisaccia è un campione dell’idea piccolo paese, piccole cose. Lui non parla alla pancia dei suoi elettori, ma ai piedi ed è come se li invitasse a darmi un calcio in culo a me e alla poesia e ai sogni e alla visione di una vita grande.
Alla fine il suo mi è sembrato addirittura un insulto al creato. Mi è parso di sentire una persona profondamente atea, profondamente arresa all’idea della politica come l’arte di mantenere a tutti i costi un piccolo potere. La politica in genere non è mai avversata dalla poesia sullo stesso terreno. Raramente un poeta scende sul terreno della competizione elettorale. E quando questo succede la politica diventa molto cattiva.
Sento molta cattiveria intorno alla mia persona, la sento proprio nell’aria che respiro, come se ci fossero gli sputi e le maledizioni di chi non si fa capace che un poeta potrebbe diventare sindaco. Non so cosa accadrà, intanto ieri sera mi sono sentito calato in un piccolo inferno. Ma anche questa è un’apparenza, i paesi sono pieni di belle persone, e sono pieni di futuro, bisogna resistere all’idea che tutto è perduto e che i furbi vinceranno sempre. Io mi sto battendo per il mio paese e per difendere uno spazio per il sacro e per l’incanto e per l’immaginazione. Non sto facendo semplicemente una battaglia politica. Ha ragione il sindaco del mio paese, la mia è invasione di campo, ma per cambiare un campo di ortiche in un campo di margherite.