Bruxelles-Irpinia, ultima chiamata sui fondi europei

Nei primi giorni della settimana si sono tenuti due eventi completamente scollegati tra loro nella forma, nell’organizzazione e nei luoghi. Ad entrambi, per motivazioni diverse, eravamo presenti. Ad Aliano in Basilicata, si è tenuto il Forum Aree interne (leggi qui, qui e qui). A Bruxelles, nel cuore dell’Europa delle Istituzioni, una due-giorni tra cultura e politiche sociali organizzata dall’europarlamentare Andrea Cozzolino, che ha portato in Belgio una delegazione di amministratori e giovani provenienti da diverse realtà campane, compresa la provincia di Avellino.
Apparentemente due eventi distinti e distanti migliaia di chilometri. Eppure un sottile fil rouge li lega tra loro tenendo insieme l’Irpinia e Bruxelles, le periferie della metropoli partenopea, le aree interne della Campania e del Paese e i quartieri multietnici della capitale belga. Un fil rouge teso tra due estremi: da una parte i fondi europei, dall’altra l’iniziativa privata.

Opere pubbliche, infrastrutture, progetti pilota, agricoltura. Tutto o quasi passa da decenni per il finanziamento europeo. Che sopperisce alla mancanza di risorse ordinarie nei bilanci delle amministrazioni regionali e comunali, che dovrebbe dare una spinta in più alle aree più arretrate del Paese, che troppo spesso al Sud è stato impiegato male, malissimo, per iniziative dal respiro corto incapaci di generare sviluppo e tanto meno migliorare la qualità della vita delle comunità. Quello che ancora una volta si sta provando a fare con la nuova tranche di fondi, i 2014-2020 (consapevoli che mentre scriviamo siamo già nel 2017, a metà del ciclo), sollecitando soprattutto le aggregazioni tra Comuni e l’innovazione: dalle aree vaste, alle unioni passando per la Strategia nazionale aree interne. E ovviamente il Progetto Pilota Alta Irpinia.

Nel focus belga l’accento era posto su politiche sociali e giovanili. Niente trasporti e sanità, niente attività produttive. Scuola neanche, almeno non nell’accezione più immediata. Ma tanto apprendimento non formale che consente di sviluppare abilità e talenti, di recuperare ragazzi problematici, di sovvertire un ordine delle cose “malato”. E che ha consentito di generare una significativa connessione, nello spazio del Foyer Molenbeek, di esperienze di divertissement a scopo sociale, di integrazione ed educazione civica. Protagonista Napoli con l’associazione Banda Baleno e la cooperativa Il tappeto di Iqbal, le cui performance su percussioni e di circo sociale si sono fuse con la musica e le sonorità dei rapper di cultura musulmana di Molenbeek. Realtà complesse dove ci si scontra quotidianamente con la criminalità organizzata e lo spaccio, nel caso della Scampia-Gomorra, o con lo sfruttamento minorile nel caso di Barra. Con la complessità dei percorsi di integrazione portati avanti dal Foyer da decenni a beneficio di immigrati che diventano bilingue e progrediscono nella scala sociale, e che a Molenbeek (quartiere fiammingo di Bruxelles assurto alle cronache per aver ospitato la cellula dei terroristi degli attentati parigini e locali del 2015 e 2016) prima erano soprattutto gli italiani delle miniere, poi sono diventati magrebini.

Esperienze di periferie molto diverse, però ugualmente marginali rispetto a quelle che viviamo nelle aree interne. Si potrebbe ad esempio dire che nei nostri territori forse per la prima volta nella storia recente si iniziano a fare i conti con lo straniero e bisognerà farsi trovare pronti ad accogliere e integrare realmente. Si potrebbe dire ad esempio che in territori come i nostri sarà fondamentale nei prossimi anni mettere in campo iniziative per educare le giovani generazioni a sentirsi parte delle comunità, a voler fare la propria parte per salvarle da un degrado che qui si chiama desertificazione. Mettendoci il sentimento, non inteso come piagnucoloso ripiegamento su stessi e le nostre fragilità, ma come passione. Come desiderio di sapere e partecipare. Di essere voce tra le voci.

Esperienze, quelle portate a Bruxelles, polifoniche nelle quali la componente pubblica sostiene o affianca l’iniziativa dal basso, privata, e la rete del terzo settore. Polifoniche per la compresenza di più voci, di più culture, di più orientamenti mossi tutti dallo stesso bisogno: quello della resistenza non passiva agli eventi, dell’azione finalizzata al cambiamento. Anche di una sola, “semplice” vita.
Nella prima giornata di incontri, il programma belga prevedeva tra le altre cose la visione del docufilm “Il tempo resterà” dedicato a Pino Daniele. L’Irpinia c’era. Attraverso i madrigali di Carlo Gesualdo che il cantautore napoletano ascoltava e utilizzava, riconoscendo in essi lo stesso approccio polifonico che era stato fil rouge del suo fare musica nell’alveo del Mediterraneo. E che dà senso all’Europa e dà senso ai fondi europei. In mancanza di esso, di volontà comunitarie piccole o grandi che siano, le risorse di Bruxelles resteranno cifre, mance distribuite sui territori, palliativi da continuare a somministrare senza effetti di lungo termine. E l’Europa in quel d’Irpinia continuerà a essere roba per funzionari, a distanza siderurgica dalle persone.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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