Dopo aver scalato la rupe fino agli 803 metri di altezza ti aspetti di trovare tutto, tranne un organo a vento. Tre gruppi di canne in lega di zinco e titanio, su altrettante basi in cemento armato, disposti in modo tale da catturare Eolo e farne risuonare la voce. Dapprima profonda, poi più acuta, in una successione di note che, se ci si lascia avvolgere dal silenzio di un luogo quasi totalmente spopolato, riescono persino a formare accenni di melodia.
A Cairano anche questa estate ha portato con sé una carica di stupore e novità. Nel piccolissimo borgo, tanto caro a Franco Dragone e Vinicio Capossela (il primo qui ci vive anche per diversi periodi l’anno), l’ostinazione a ricercare il bello e a farlo godere agli altri continua a manifestarsi. Ogni volta in modo diverso, ogni volta compiendo un passo in avanti nel recupero dell’antico abitato. Così mentre decine di cantine ipogee si aprono per accogliere botti e bottiglie del progetto “Fabrica del vino”, una sperimentazione che vorrebbe riportare nel paese dei Coppoloni la produzione vitivinicola un tempo molto diffusa, si guarda già con curiosità agli spazi che dovranno in un prossimo futuro ospitare il ristorante, affacciato sull’anfiteatro inaugurato nel 2018. E tra qualche tempo, la meraviglia sarà donata da altri dettagli, come una toilette pubblica ricavata nella roccia. Chi ne fruirà, se saranno solo sporadici frequentatori di un parco giochi per i weekend e i mesi estivi o turisti e residenti spalmati lungo dodici mesi, è la vera scommessa.
Sulla rupe intanto l’organo “suona” e lo sguardo vaga libero attraverso le sconfinate distese collinari pettinate dalle trebbiatrici. Ciuffi di bosco colorano altri angoli. Il tramonto rende tutto più soffuso, un’atmosfera onirica avvolge il paesaggio. Il lago è una lastra d’argento e i segni della mano dell’uomo, da questa altezza, diventano meno profondi. Cicatrici per alcuni. Come le sagome delle fabbriche dell’area industriale di Conza della Campania o le eliche degli impianti eolici lungo i crinali tutt’intorno. Verso Pescopagano, Castelnuovo, alle spalle della diga e poi, dopo un salto e un dislivello, di nuovo lungo tutto il Formicoso. Modi diversi di utilizzare il vento, modi diversi di antropizzare il paesaggio. Dalla rupe di Cairano nessuno dei due scandalizza o fa paura. Visioni da uno “guardo che include”, per citare il tema dell’attuale edizione di Cairano 7x, e che dall’alto di questi 803 metri per una volta non giudica e non si interroga su cosa sia più giusto o più sbagliato. Su cosa sia valorizzazione e cosa scempio. Che si rifiuta di trattare l’estetica come qualcosa di oggettivo e che sente, chiudendo gli occhi, una melodia: “mille violini suonati dal vento”…