A leggere i dati, ore 02.00 più o meno, in Campania vince il No con il 69 per cento circa dei voti. Il sì raccoglie il 31 per cento circa dei consensi. Lo schieramento di Vincenzo De Luca aveva raccolto il 38,37 per cento dei voti alle regionali. Quindi il Pd e De Luca hanno perso l’otto per cento circa del consenso rispetto all’ultima tornata. Una bella fetta dell’Udc aveva scelto il fronte del no, certo. Come pure una parte della sinistra Pd, chiaro. Il voto era nazionale, ovvio. Ma questo non basta a giustificare la debacle per i dem. Il Partito Democratico in Campania e in Irpinia ha condotto una campagna elettorale vuota, fiacca, scarsa. Fatta di aperisì e convegni con gli iscritti e gli amici, tutti insieme appassionatamente ma evidentemente senza passione. A ribadire concetti che gli elettori, anche quelli vicini al centrosinistra, ascoltavano a profusione in tivvù e che quindi avevano poca voglia di ascoltare nelle fredde e tristi sale.
Dal suo punto di vista, il governatore Vincenzo De Luca ci aveva visto lungo quando diceva al sindaco di Agropoli, che tra l’altro ha preso una mazzata clamorosa nella sua città, “fai che cazzo vuoi ma porta 4000 persone a votare sì”. Chi scrive, da irpino e da campano che conosce il linguaggio degli irpini e dei campani, ritiene che le parole di De Luca fossero anche in buona fede.
Ha sbagliato modi, luogo, tempi – questo è sicuro – ma il governatore aveva colto perfettamente il pericolo per il Pd. Il pericolo di una campagna elettorale di facciata. Con sindaci che stavano solo dimostrando di saper organizzare quattro convegni con il parlamentare di turno. Con consiglieri regionali che stavano facendo finta di combattere per la riforma quando la riforma avrebbe messo a rischio parte dei loro privilegi. De Luca ha sbagliato tempi e parole. Ma fondamentalmente, nella famosa riunione dell’hotel Ramada coi 300 sindaci, aveva detto una cosa semplice semplice. Tradotto in diplomatichese: “Cari sindaci, dovete condurre una campagna elettorale come quella delle vostre elezioni amministrative “.
Così non è stato, anche nell’Irpinia dove il sì è andato un po’ meglio che a Napoli ma comunque male, malissimo. Una catastrofe per il Pd. Anche nella Lioni della presidente del Consiglio regionale Rosetta D’Amelio (un incredibile 60 a 40 per il no). Anche in altri comuni amministrati dal Pd, da Sant’Angelo dei Lombardi a Villamaina. Paradossalmente il sì è andato molto meglio a Nusco raccogliendo un ragguardevole 46 per cento. Con tutto De Mita! I convegnucoli del Pd sparsi per l’Irpinia e le altre province erano blandi e inutili, soprattutto quando i riferimenti sul piano locale rappresentavano il 5% dei contenuti totali. Soprattutto perché dovevano essere affiancati da attività sul campo, porta a porta. Per le strade, per i mercati: sempre, ogni giorno.
Invece una campagna elettorale di facciata, fighetta. Molto “hipster”, per usare un termine in voga. Fatta di manifesti dalle belle grafiche, tweet a seguire e raccolte fotografiche Facebook. E basta. E il risultato parla chiaro. Il “no” ha fatto poco di più, e questo sarà oggetto di altra analisi. Ma chi doveva spingere sull’acceleratore erano i proponenti; quindi il segretario del Pd, Matteo Renzi, quindi il Pd nelle sue declinazioni territoriali. Anche e soprattutto in una Regione col governatore. Anche nell’Irpinia dai millemila sindaci. Quei sindaci, quei riferimenti territoriali o sovra-territoriali, che mai hanno pensato di sudare per raggiungere il risultato.