Candidature Pd, fumata nera e primi paletti

L’attesa direzione nazionale delle deroghe è andata in scena questa sera. Il Partito Democratico ha archiviato, ascoltando le proposte del segretario Matteo Renzi sul regolamento per le candidature, il primo passaggio formale verso la presentazione delle liste prevista per il 29 gennaio entro le ore 12. Martedì i dirigenti dem si ritroveranno a Roma per approvare gli elenchi di nomi proposti da Renzi che nei giorni scorsi ha visto più volte i segretari regionali.

Rimandata a un secondo momento la decisione sulle deroghe per i parlamentari e i consiglieri regionali. In Irpinia ad averla richiesta è la presidente del Consiglio regionale Rosetta D’Amelio che ha dato la disponibilità per il collegio uninominale Ariano-Alta Irpinia-Sele. La riserva verrà sciolta, per volere di Renzi, dopo aver valutato “le proposte pervenute dai segretari regionali e tenuto conto delle sollecitazioni dei territori e del pluralismo interno”. Servirà quindi un passaggio in direzione regionale e poi Roma deciderà con un’unica votazione a maggioranza.
Da giovedì la commissione elettorale (in cui sono rappresentate tutte le aree del partito) comincerà a stringere sui singoli nomi. In linea di massima, qualche deroga verrà concessa, ma il principio di partenza è quello che saranno poche e valutate caso per caso.

Nel documento promosso dalla direzione nazionale si fissano anche alcuni paletti. Intanto, per essere candidati bisognerà essere in regola con il pagamento delle quote dei contributi al partito. Poi l’ex premier ha chiesto la deroga per il suo successore Paolo Gentiloni e per tutti i ministri che, in base allo Statuto Pd, non potrebbero più scendere in campo avendo già compiuto il terzo mandato. La deroga è utile a tutta la squadra di Governo, tranne a Graziano Delrio, arrivato in Parlamento qualche anno dopo. Concessa un’eccezione alla regola anche agli ex segretari nazionali del Partito Democratico.

Renzi ha poi chiarito che riconoscerà nelle liste spazio adeguato alle minoranze dem (l’area Emiliano e l’area Orlando, ndr), a differenza di quanto avvenne nel 2013 ad opera di Bersani. “Ci fu un comportamento diverso da quello che propongo oggi – ha detto il segretario fiorentino -, non fu rispettato l’esito delle primarie. Noi invece dobbiamo rispettare le diverse sensibilità. Garantirò un riconoscimento non solo simbolico, ma anche numerico”. 

Ma ha anche avvertito i tanti parlamentari Pd uscenti. Ha un posto sicuro – ha spiegato – solo chi si prende il voto sul collegio, dobbiamo essere chiari. L’idea che esistono posti intoccabili non è vera, se c’è una squadra coesa molto, se non tutto, è contendibile. Un terzo dei seggi viene attribuito alla coalizione, che mette insieme tutto il contrario di tutto. E così nei collegi il centrodestra, che non è competitivo su base nazionale, lo è. Gli spazi si riducono, deputati e senatori uscenti non saranno tutti riportati nel Parlamento, anche perché un partito non si può riproporre con gli stessi volti. La decisione sulle deroghe dei parlamentari la lascerei a margine, la possiamo prendere solo quando sarà chiaro il quadro sulle liste”.

Nel caso irpino i diretti interessati alle parole sugli uscenti sono i deputati Valentina Paris, Luigi Famiglietti e Umberto Del Basso De Caro. Orfiniana la prima, renziano il secondo, vicino al ministro Martina il terzo: nessuno di loro appartiene a una delle minoranze interne. Lottano tutti e tre per un eventuale paracadute nel proporzionale o per evitare gli scontri diretti negli uninominali.

Il disegno complessivo dei democratici, infine, non può prescindere dalle alleanze, che in Irpinia sono rappresentate da due uscenti, i deputati Angelo Antonio D’Agostino vicino alla formazione prodiana “Insieme” e disponibile a correre alla Camera su Avellino o anche al Senato nel collegio Irpinia-Sannio; e Giuseppe De Mita, che invece rappresenterebbe il partito della Lorenzin e potrebbe ottenere a una ricandidatura a Montecitorio nel collegio altirpino.

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