“Un po’ di musica normale“, dice Vito Capossela stringendo la mano al figlio. È il padre di Vinicio e nell’arena di località Gagliano a Calitri lo ha appena ascoltato cantare una cover del suo idolo Celentano. “La samaritana“, pezzo di ispirazione biblica. Segue “Il povero Cristo” che invece Capossela dedica a Mimmo Lucano. “L’ultimo degli evangelici“, dice. È Sponz AcQuà! Terza serata di questo SponzFest covid edition. Che però non ha fermato l’artista di origini calitrane e la sua carovana.
Del resto “non è mica finito il mondo. È solo cambiato, adattiamoci e andiamo avanti“, suggerisce il maestro tra un brano e l’altro messi in successione lungo il filo conduttore dell’acqua. Tema di quest’anno, mentre l’anno scorso lo fu la peste. “Questa volta le mascherine ce le avete già. Non c’è bisogno le distribuisca il nostro merchandising“, ironizza ricordando lo spettacolo dell’anno scorso con mascherine nere.
Puozzi sta buono Vinì, mi verrebbe da urlargli contro. A sponzare qua e là, dove poco prima aveva parlato a lungo e con un intervengo commovente e durissimo Pietro Bartolo, medico di Lampedusa dai due record (350mila persone visitate e il maggior numero di ispezioni cadaveriche al mondo effettuate), effettivamente si sponza. Effetto rugiada che dal calar del sole copre tutto e bagna tutto, ossa comprese.
Sul palco il gruppo Faraualla, donzelle di bianco vestite e infreddolite, che a cappella cantano e incantano. “Le alghe del tuo vicino, son sempre più verdi sai…”. Peccato che in fondo al mar non ci siano più tritoni e sirenette, ma copertoni e bottigliette. Ecologismo reggae version. Una ragazza in prima fila, lateralmente, si alza per ballare. I ritmi caposseliani inviterebbero a farlo. Il fidanzato la ammonisce con lo sguardo. Come a dire “torna sulla balla di fieno, c’è coviddi“. E sul fieno restano tutti i 200 fortunati che assistono allo spettacolo. Niente balli, ma balle di fieno sulla grande arena.