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Caruso: ‘Da 50 a 250 forum dei giovani, la mia soddisfazione più grande’

Con la conferenza stampa di domani mattina in Consiglio regionale termina dopo cinque anni il mandato di Giuseppe Caruso, irpino di Caposele, alla guida del massimo organismo istituzionale giovanile della Campania, il Forum regionale dei Giovani. Un percorso segnato da risultati più volte definiti storici, dalla legge quadro sulle politiche giovanili ai fondi diretti per i forum comunali, che hanno significato possibilità di partecipazione e impegno nelle piccole e grandi comunità della Campania per migliaia di ragazzi.

E’ la prima volta che un presidente del Forum regionale dei Giovani dura in carica così a lungo?
Sì, è la prima volta che il presidente e l’assemblea durano così a lungo. In particolare, il mio mandato è iniziato il 16 febbraio 2016 e si è concluso con la fine della legislatura a settembre 2020, queste settimane sono servite per chiudere le attività e il bilancio in modo da agevolare la transizione.

Da cosa è dipeso questo mandato quinquennale?
La motivazione è da ricercare nella Legge regionale 26 del 2016, la legge quadro sulle politiche giovanili che ha ridisegnato i sistemi partecipativi e le opportunità per i giovani campani. Abbiamo dovuto uniformare tutto, a partire dai forum comunali e questo processo ha richiesto anni, così come li hanno richiesti gli avvisi pubblici di finanziamento, utili a far moltiplicare e crescere il sistema dei forum in tutta la regione.

La relazione che presenterà domani a Napoli (Scaricala qui) è molto corposa. Dovendo però indicarmi tre risultati di questi anni, quali sceglie?
Sicuramente il rapporto con i forum comunali. Quando mi sono insediato erano 50, oggi sono 250. Abbiamo una regolamentazione, che ha permesso di superare l’anomalia di contesti limitrofi molto disomogenei tra loro, e abbiamo erogato finanziamenti ad hoc prima con i bandi del Forum regionale “Verso nuovi orizzonti” 2017 e 2018 e poi con le due finestre del bando “Giovani in Comune”. Mai erano stati dedicati alle realtà comunali così tanti fondi! La seconda cosa che mi viene in mente è il lavoro svolto per valorizzare le aree interne di tutte le province campane e uscire dalla centralità di Napoli nelle attività programmate. Lo abbiamo fatto promuovendo e sostenendo laboratori sperimentali e master di primo livello. Infine, voglio sottolineare il rapporto collaborativo e di ascolto avuto con tutte le istituzioni, a partire dalla presidente in carica con me, Rosetta D’Amelio, passando per tutta la Giunta regionale e per le nuove cariche.

Ha invece un rammarico?
Forse un mancato forte riscontro sui dati dello spopolamento e sulle dinamiche occupazionali, ma questo logicamente non poteva dipendere solo da noi, sebbene ne abbiamo sofferto sentendoci parte in campo. E poi il non essere riusciti a traslare il modello partecipativo campano in altri contesti regionali, nonostante fosse unico a livello nazionale ed europeo.

Da irpino, ragazzo di un piccolo paese, che difficoltà ha riscontrato a Napoli?
La vera difficoltà, soprattutto nei primi mesi, è stata la mia età: sono stato eletto a soli 22 anni e ritrovarsi faccia a faccia con politici navigati, tecnici regionali, nelle audizioni in commissione non è stato semplice: ero a disagio, ma ho cercato sempre di presentarmi ai tavoli quanto più preparato possibile. L’altra difficoltà è stata di tipo logistico: viaggiare con i mezzi pubblici era improponibile, e quindi grazie alla mia famiglia ho deciso di muovermi in autonomia acquistando un’auto. Per il resto ho trovato un gruppo di ragazzi che non mi ha fatto pesare la provenienza da un piccolo paese, anzi: si sono innamorati dell’Irpinia e ci vengono ormai spesso, per passione e anche per lavoro. Con questo gruppo è stato possibile partecipare serenamente alla vita istituzionale, fare rappresentanza al meglio e non trascurare l’università, cui ero iscritto e che ci tenevo a concludere bene e subito.

Che tipo di giovani ha incrociato in questi anni?

I disinteressati, gli appassionati e i ludici, interessati solo a vivere lo stare insieme. Per fortuna, mentre nel primo biennio notavamo maggiore distacco e disillusione, con il passare del tempo abbiamo riscontrato una crescente voglia di partecipazione e mettersi in gioco. Oggi la pandemia purtroppo aggiunge altri problemi alla disoccupazione giovanile: il disagio psichico e l’abbandono degli studi. Questioni sulle quali le istituzioni devono intervenire con urgenza.

In che modo? Le aree interne in particolare come possono mettersi in corsa anche in ottica recovery fund?

Intanto, c’è bisogno di più cooperazione nella politica. Noi abbiamo inviato delle proposte al Governo e a De Luca: ambiente e sviluppo tecnologico, a partire dalla fibra, per consentire un maggiore sviluppo dello smart working nei prossimi anni. Questi dovrebbero essere due pilastri dell’azione amministrativa. E poi bisogna investire su lavoro, costruzione di un senso di comunità e cultura, intesa pure come formazione e consapevolezza degli strumenti a disposizione dei cittadini.

Lei è stato alla guida di un organismo istituzionale con una forte interlocuzione politica. Il suo rapporto con la politica qual è?

E’ stato eccellente a prescindere dalle appartenenze partitiche. Io sono Pd, ma con tutti, da Forza Italia ai Cinquestelle, ha dialogato senza problemi e trovando sempre disponibilità di contribuire alla realizzazione dei nostri progetti. Tranne singoli e sporadici casi di ostacoli o diffidenza, anche negli enti locali tutti hanno mostrato voglia di fare la propria parte nella progettazione di politiche. Sarebbe bello se pure nella fase elettorale e nelle varie dinamiche della rappresentanza si desse più spazio alle istanze e alla presenza dei giovani.

Ora che Giuseppe Caruso ha 26 anni, cosa vuole fare da grande?

Si chiude per me un ciclo iniziato nel forum di Caposele anni fa, quando mai avrei pensato di poter fare un simile percorso e ottenere questi risultati. Sono andato ben oltre la mia immaginazione. Adesso resto a disposizione per fare in modo che l’organismo si rinnovi nella maniera più rappresentativa possibile, e per aiutare la mia generazione e quelle dopo. Ricaricherò le energie e capirò con calma quale cammino fare con la politica e le istituzioni.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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