Nel 2012 una giornalista de L’Espresso scrisse in due articoli: “Scorta De Mita, punita la vigilessa” e “La nostra risposta”, rispettivamente del 28 e del 29 agosto. Si riportava che Giuseppe De Mita, all’epoca dei fatti vice presidente della Giunta regionale della Campania e assessore con delega al Turismo e ai Beni Culturali, si era recato ad una festa di paese facendo un uso illegittimo e personale dell’auto di servizio e dell’autista assegnati dalla Regione.
A nulla valsero le smentite, fa sapere l’avvocato Angelo D’Avella: fu replicato che i fatti erano quelli riportati dalla giornalista. La vicenda, pubblicata sul sito on line de L’Espresso, ebbe risalto sulla stampa nazionale e fece il giro del web, come una delle classiche storie di comportamento sguaiato e privilegiato dei politici. Ora – a conclusione del giudizio civile intentato da Giuseppe De Mita (assistito dal Collegio difensivo composto, oltre che dallo stesso De Mita, dall’Avv. Angelo D’Avella e dall’Avv. Laura Giovannelli) nei confronti della giornalista e de L’Espresso – il Tribunale di Avellino, nella persona del Giudice Annamaria Cicala, con la Sentenza n. 196/2019, ha riconosciuto che i fatti pubblicati dalla testata non erano veri e che gli articoli contestati violarono i principi deontologici di pertinenza e di continenza; sulla scorta della illegittimità/illiceità di tali condotte, la giornalista e la testata sono state condannate in solido a risarcire i danni, nella misura di 100mila euro e a rimuovere gli articoli dagli archivi telematici e al pagamento delle spese del giudizio.
“Ricordo quei giorni– il commento di Giuseppe De Mita – con un senso di impotenza e di amarezza che il tempo e la sentenza non hanno cancellato. Ora perlomeno si è ristabilita la realtà dei fatti. Viene da dire che anche in un’epoca di post verità, dopo la post verità c’è pur sempre la verità”.