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Ciriaco De Mita in flusso di coscienza

Il flusso di ricordi, seppur non paragonabile a quello dei cronisti che lo hanno conosciuto e seguito per 40 anni e oltre, è assolutamente inarrestabile. Ciriaco De Mita. Ricordo il primo incontro pubblico seguito, in un hotel sul Laceno insieme alle donne di centro e l’ansia: alle ore 20.00 dovevo sbobinare e decifrare i tre quarti d’ora di intervento del presidente.

Ricordo benissimo le frecciate indirizzate al sottoscritto nelle riunioni del progetto pilota dell’Alta Irpinia, quel soggetto fortemente voluto di cui era presidente e molto probabilmente motivo principale della sua volontà di restare sindaco al Comune di Nusco. Ricordo anche le telefonate, non tutte dai toni concilianti. Una volta gli dissi “Presidente io dovrei staccare, sto seguendo Salvini ad Avellino”. E lui rispose: “Chi?”.

Oppure le chiacchierate alla Scuola di Alti Studi Politici, durante le quali il leader 90enne cercava di spiegarmi che il più ormai fosse fatto per l’Alta Irpinia 2.0. Che prestissimo tutti avremmo raccolto i frutti del suo lavoro. Si riferiva alla strategia nazionale delle aree interne che avrebbe dovuto ridare slancio a questa terra complicata, dalle mille potenzialità (le sorgenti, la natura, i beni storici e architettonici) ma dalle oggettive debolezze (posizione periferica, sanità pressoché smantellata, tessuto imprenditoriale a macchia di leopardo). De Mita era convinto che il “Sì” di un governatore regionale o di un ministro a una sua idea, ad una intuizione, potesse bastare per ottenere presto la concretizzazione di quella stessa idea. Non stava facendo i conti con la burocrazia e gli uffici tecnici (leggi qui). Questo è stato un suo limite oggettivo negli ultimi tempi, ma non posso credere che De Mita non volesse lasciare una traccia importante anche in una stagione lontanissima dal dopo-terremoto.

De Mita, tornando all’ambito personale, difficilmente perdonava la mia provenienza. Sant’Angelo dei Lombardi. Perdonava di più, per così dire, la provenienza socialista di mio padre, che in una comunità democristiana fino al midollo era per il Garofano contro De Mita e contro lo Scudo Crociato. Ma Sant’Angelo, a giudizio del presidente negli ultimi anni, doveva essere recintata. Tanti amici ma molti tradimenti politici a suo dire.

De Mita in Alta Irpinia si prendeva dei momenti di pausa e riappariva in convegni o riunioni e la sua presenza era spesso terrore. Cercavo di incrociare il meno possibile il suo sguardo, come si fa con un professore prima della lotteria di un’interrogazione a sorpresa; non perché non fossi convinto di qualche mio resoconto dei giorni precedenti, ma perché sarebbe stato difficile replicare in un contesto pubblico. A volte mi diceva a margine “sei bravo ma sei di Sant’Angelo. Tu sei bravo ma dai troppo giudizi, limitati a riportare la realtà“. E però, quando riportavo il punto di vista di qualche collega sindaco, di qualcuno che magari non stava condividendo il percorso travagliato della strategia aree interne, ero comunque colpevole di aver riportato quel virgolettato. De Mita poi leggeva anche la punteggiatura e da questa traeva delle conclusioni. E spesso aveva ragione. Riusciva a capire quando e quanto io fossi d’accordo con la dichiarazione di uno o dell’altro. A volte si sbagliava, questo posso dirlo. Ma, sapete presidente, io non sono mica un robot? Sarà pure normale avere un’opinione. O no? De Mita mi rimproverava anche di voler cercare a tutti i costi un titolo. Ma sapete, presidente, un titolo si deve pur mettere. E mi rimproverava, a volte, di non cogliere ogni riferimento storico o politico. Ma sapete presidente, stavamo discutendo di sviluppo e prospettive future e non potevo riportare i riferimenti a Sturzo e De Gasperi. Siamo a Nusco, d’accordo che Nusco è la capitale ma devo essere un po’ più attuale…

Non sono mai stato a casa di De Mita. Ci sono arrivato per la prima volta, ma davanti al vialetto d’accesso, la mattina del 26 maggio 2022 alle 8.30. Negli ultimi anni disse due-tre volte di volermi raccontare la vera storia di quello che stava accadendo in Alta Irpinia, dal patto con Fabrizio Barca a quello con Vincenzo De Luca. Non se ne fece niente e anche la pandemia ci mise del suo. Probabilmente era troppo presto, presidente. La storia si scrive alla fine, vedremo come sarà senza De Mita.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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