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Da Teora a Bruxelles, Antonella e il sogno europeo

Il 9 maggio del 1950, Robert Schuman (un politico francese tra i padri fondatori dell’Unione Europea) presentò il “Piano di Cooperazione Economica” che segnò l’inizio del processo d’integrazione europea con l’obiettivo di una futura unione federale. Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo per la prima volta misero in comune le proprie risorse di carbone e acciaio per creare un mercato comune, eliminando dazi sulle importazioni e le esportazioni. Furono i primi passi verso la costituzione di quella che oggi conosciamo come Unione Europea e quella data, il 9 maggio, oggi viene celebrata come “Festa dell’Europa”. Quell’Europa che, da sempre, ha accolto tantissimi giovani, soprattutto dal Sud del continente, che si sono spostati dai propri paesi e dalle proprie città in cerca di realizzazione in campo lavorativo, della possibilità di costruirsi un futuro migliore.

Tra le migliaia di ragazzi e ragazze che sono partiti c’è Antonella Zarra, che dal piccolo paesino di Teora è arrivata a Bruxelles, dove vive da ben quattro anni, e che ci ha raccontato la sua esperienza.

Dopo il liceo mi sono trasferita a Milano. Ho studiato Economia delle amministrazioni pubbliche alla Bocconi. Prima della laurea, ho fatto uno stage alla Commissione Europea e lì è nata la mia passione. Ci ero già stata con una delegazione del Partito Democratico ed ero rimasta colpita in particolare dalle decisioni di concorrenza, antitrust, mondo digitale. Mi è sempre interessato moltissimo tutto ciò che concerne le politiche pubbliche in generale, dal rapporto con i consumatori al funzionamento della macchina amministrativa. Ho fatto anche uno stage al Dipartimento della Funzione Pubblica a Roma. Dopo la laurea sono tornata a Bruxelles e ho iniziato una sorta di apprendistato con Telecom Italia. Mi occupavo di rapporti tra l’impresa e le istituzioni, incontri con i parlamentari e con altri operatori telefonici. A breve, però, mi trasferirò nuovamente per iniziare un dottorato Europeo tra tre università: Bologna, Rotterdam e Amburgo.

A Bruxelles hai lavorato anche per l’UE. Cosa ti ha colpito maggiormente durante la tua esperienza?

Ho lavorato in un centro di ricerca per l’Unione Europea, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo che si occupa di regolamentazione sull’analisi economica per i provvedimenti amministrativi. Vuol dire, ad esempio, che se l’Unione Europa decide di fare una legge sull’eliminazione della plastica, vanno analizzati diversi fattori sul piano socio-economico, intervistate aziende, organizzazioni ambientali, di cittadini, di consumatori. E questo è il compito del centro di ricerca. Ciò che mi ha colpito di più è il processo decisionale, che è molto partecipato. Ad esempio, quando si vuole formulare una nuova legge, vengono coinvolti sia i cittadini con le consultazioni pubbliche, sia le imprese attraverso dei gruppi di lavoro. Le nostre ricerche riguardavano l’industria, l’energia, i consumatori, tutti i temi inerenti al mercato unico.

Come hai vissuto il passaggio dalla piccola realtà di Teora alla grande città Europea?

Il passaggio più traumatico che ho vissuto è stato il trasferimento da Teora a Milano perché mi sono subito trovata a relazionarmi con persone che già avevano avuto esperienze di ogni genere, anche all’estero. Quindi mi sembrava quasi di essere in una condizione di svantaggio. Poi in realtà ho capito che le mie origini fossero un grande punto di forza perché avevo una serie di valori e un “attaccamento alle cose della vita” diverso. Ma soprattutto l’impegno che una ragazza del Sud, dell’entroterra, deve metterci in ciò che fa è sempre il triplo e, quindi, anche le probabilità di successo aumentano. In qualche modo, lasci “poco” per arrivare a tanto. A Bruxelles, invece, ho incontrato tanti ragazzi che, come me, provengono da paesini di tutta Europa. La città è praticamente un coacervo di persone che vengono da tutto il mondo. I disagi che viviamo in Irpinia, in fondo, sono gli stessi che vivono i piccoli paesini del Portogallo, per fare un esempio.

A breve ci saranno le elezioni Europee e sicuramente starai seguendo il dibattito politico italiano, spesso caratterizzato da un forte scetticismo nei confronti dell’Unione Europea.

Io credo che lo scetticismo sia dovuto a una mancata conoscenza. Le elezioni Europee sono nazionali, quindi i partiti focalizzano il dibattito su quello che non va e, spesso, quello che non va viene attribuito all’Unione Europea. Oltre ad essere falso, questo ha molta influenza sulla popolazione. Chi spiega, però, al cittadino di Teora o di Lioni dei vantaggi, ad esempio, dell’Erasmus o delle Politiche Agricole Comunitarie? C’è una scarsa comunicazione a livello europeo sui vantaggi dell’Unione, ma soprattutto c’è un macchinoso linguaggio politico violento, sovranista e anti-europeista che cela le proprie responsabilità. E tantissimi giovani come me non si sentono solo cittadini Italiani, ma Europei. L’Italia sarebbe nulla senza l’Europa. Pensatori come Spinelli hanno messo insieme i Capi di Stato di tanti Paesi per costruire qualcosa di più grande. Quello che ho capito qui è che c’è qualcuno che, al di là dei bisticci dei politici nazionali, fa politiche a lungo termine, con lungimiranza. Molte delle battaglie oggi si giocano sul piano europeo, basti pensare ai cambiamenti climatici, alle migrazioni.

Maria Laura Amendola

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