Buona parte di Aquilonia si sta mobilitando contro l’abbattimento delle palazzine. Sono padiglioni abitativi post terremoto del 1930. Nel centro del paese. Non una battaglia per difendere immobili di valore artistico. E’ invece la richiesta di preservare la storia della comunità, per continuare a dare un senso al tessuto urbano. E per fare del quartiere un’area viva. Riutilizzare, almeno secondo molti, è sempre meglio di abbattere e buttare altro cemento. Soprattutto se la tendenza sui piccoli comuni è quella di recuperare. E anche perché questi spazi sembrano graditi a chi voglia intraprendere una piccola attività.
L’incontro tra attivisti e amministrazione si è concluso con l’impegno da parte del Comune di non demolire a sorpresa le casette. E’ in agenda un incontro pubblico, fermo restando la volontà di sindaco e giunta di procedere all’abbattimento per questioni di sicurezza e igiene.
Nel frattempo partono le petizioni online e su carta. Discussioni a attivismo sui social per chiamare a raccolta cittadini, architetti, professori, scrittori, designer, film-maker e storici. “Il Libero Comitato Palazzine Bene Comune – si legge per esempio sulla pagina Facebook appena creata – promuove la conservazione e la tutela delle casette asismiche ubicate nel centro del Comune di Aquilonia e nello specifico chiede la revoca della delibera comunale che ha per oggetto l’abbattimento dei sei padiglioni superstiti e l’apertura di un tavolo permanente di discussione per programmare e attuare le attività di sensibilizzazione e di riqualificazione dell’area“.
Queste case hanno un passato particolare. Furono oggetto di proposte di riqualificazione da parte di università e privati cittadini mai andate in porto in questi ultimi anni. Qualche tempo fa vennero ipotizzate decine di soluzioni: su ricettività, produttività, associazionismo. L’artigianato sembrò l’ipotesi più sostenibile, e del resto Aquilonia mostra una certa vivacità nel settore. Poi tutto rimase nel cassetto, anche per mancanza di quei fondi che oggi potrebbero essere a disposizione.
Un lotto di 6 padiglioni tra due piazze vuote. Se abbattuto, temono dal comitato, si rischia di generare un ulteriore vuoto nel mezzo. Ed il vuoto fa paura in una Aquilonia che gli spazi aperti li vede intorno a sé ogni giorno, forse fin troppo. Tra paesaggi lunari e le pale eoliche. C’è il vuoto pure nell’antico insediamento di Carbonara, borgo colpito dai terremoti del ‘900 che pur interessato da innovativi progetti non ha mai trovato identità diversa dalla desolazione. Sulla vicenda delle palazzine del lotto B, quelle che si vogliono abbattere, c’è anche l’immancabile eredità del sisma del 1980. Eredità già persa, visto che furono necessari 11 miliardi delle vecchie lire per riedificare l’intero insediamento provvisorio. Ora è in piedi l’ultimo micro quartiere. L’esigenza da parte del Comune di ripulire. Quella di chi vuole conservare la storia di Aquilonia, anche se drammatica. E una terza. Si collega alla seconda solo in parte, ma è un’esigenza sentita anche ad altri paesi: spazi perché giovani o meno giovani possano lavorare. Anche così si combatte lo spopolamento, o almeno si può provare a contrastarlo.