Domenico Pizzulo ha 27 anni, ha lasciato il suo paese, Vallesaccarda, per studio e adesso vive stabilmente a Bologna. E’ un attore, membro di “Humareels”, un gruppo di giovani che “osserva il mondo e lo racconta attraverso gli occhi delle telecamere”. Attraverso questi occhi, ha voluto raccontare lo spopolamento della sua terra d’origine, dal punto di vista di chi l’ha lasciata. Domenico, infatti, è uno dei tanti che è andato via dall’Irpinia. Più precisamente, uno di quelli che va a comporre i desolanti dati sullo spopolamento che i diversi enti ci propongono nelle loro statistiche. Uno spopolamento che, secondo il Rapporto Italiani della Fondazione Migrantes, riguarda ogni anno circa 2mila abitanti Irpini. E che rischia di condurre alcuni paesi non più verso la desertificazione, ma all’inesistenza, alla scomparsa. Ad esempio, il borgo di Cairano, in Alta Irpinia, conta 548 cittadini all’estero, a fronte di 315 residenti, con il 174% di popolazione che ha lasciato l’Italia. Oppure Conza della Campania, con 1809 cittadini all’estero su una popolazione di 1331 persone e un’incidenza del 135,9%. O ancora Teora, dove gli emigrati sono circa 400 in più rispetto ai residenti (1.516).
Il filo, però, che lega chi decide di fare le valigie e partire con chi, invece, decide di restare sul territorio è un sentimento di appartenenza che spesso si riscopre durante le festività o nei mesi estivi, in cui i paesini si ripopolano illusoriamente. “Il mio ritorno a Vallesaccarda è sempre stato relegato a determinate occasioni e, ogni volta, mi sembrava che nulla fosse cambiato” – spiega Domenico – “Poi ho deciso di tornare in un mese diverso, a febbraio, quando per le stradine c’è un silenzio assordante. E mi sono reso conto che ciò che vede chi è andato via non corrisponde alla realtà. Così ho deciso di raccontarla”. Il documentario “E poi si vede” (con la fotografia di Claudia Vavassori, suono e montaggio di Mattia Biancucci e grafica di Francesco Mariello), ha come centro tematico l’emigrazione in senso “romantico”, con dei tratti storici a partire dal boom economico degli anni ‘60 fino al calo degli anni ‘90. Tratti che accomunano tutti i paesi interni d’Italia, da Nord a Sud.
“E’ un documentario fatto soprattutto di interviste che ho diviso in tre filoni: istituzioni, anziani (che rappresentano in qualche modo il passato) e giovani (che, invece, sono il presente e – si spera – il futuro), tra cui anche chi gestisce attività nell’ambito della ristorazione, uno dei pochi settori floridi sul territorio. Ho chiesto a tutti come si vivesse in un paese al di fuori della finzione dei momenti tradizionali. In realtà, sono partito con un’idea e poi è successo tutt’altro. Sono diventato il protagonista del documentario. Nel mio lavoro non cerco soluzioni, ma mi interrogo su quanto sono cambiato. Potremmo definirlo una sensazione di chi – come me – se n’è andato e torna per osservare e parlare con chi è rimasto. Ci sono lunghe riprese di vita in cui interviene la mia voce per spiegare cosa mi suscita quella determinata immagine. C’è anche molta intimità, ho intervistato mio fratello, ho osservato i miei amici. Alcuni lavorano, altri sono disoccupati”.
Un racconto a 360°, dunque, tra le piaghe sociali del territorio, le possibilità di sviluppo nel settore agricolo e turistico, l’eterno dilemma di molti giovani nel decidere tra il costruirsi una vita fuori alla ricerca di più sicure possibilità, o tornare a casa dopo gli studi e ricominciare da zero. “La maggior parte della mia generazione ha studiato, spesso caricandosi di sacrifici perché vivere fuori è dispendioso. Ma tornare è possibile, questo progetto mi ha spinto a farlo. Mi sento quasi un codardo per essermene andato. Forse ci vuole più coraggio a restare”.
La prima proiezione del documentario sarà il 9 maggio a Vallesaccarda. Successivamente, il 12 maggio a Trevico, dove a introdurre il dibattito sarà Maria Raffaella Calabrese De Feo, Presidente dell’Associazione “Irpinia Mia”, che devolverà i fondi raccolti durante l’evento per la diffusione del documentario. In cantiere per il giovane regista c’è già un secondo lavoro: “Ai confini della Svizzera”.