Giovani, calciatori e musicisti: i rifugiati di Sant’Andrea

Il ragazzo che vedete nella foto in alto si chiama Bubacar e viene dal Gambia. “Sì sì, il nome somiglia a Babacar, giocatore Fiorentina“, dice sorridendo. Bubacar, attaccante esterno e piede destro, è uno dei 25 giovani rifugiati di Sant’Andrea di Conza. Arrivato minorenne, compirà tra poco 19 anni e verrà trasferito in un altro centro Sprar. Probabilmente nella vicina Bisaccia. Hanno lasciato miserie e tragedie, ma davanti c’è tutta una vita per superare il peggio.

E’ facile integrarsi quando sei giovane, anche in Irpinia. E a Sant’Andrea sembra ancora più facile. Tre su venticinque giocano a calcio nelle serie locali. Altri tre hanno già trovato lavoro in aziende della zona. C’è un gruppetto appassionato di musica, chi studia continuamente. Senegal, Costa d’Avorio e Mali i principali paesi d’origine. In più gruppo di giovanissimi nordafricani, 16 anni o giù di lì.

 

Il centro Spraar per i rifugiati più giovani, da non confondersi con i centri di accoglienza finiti nel mirino della Magistratura avellinese per le inadempienze di alcune cooperative, si trova nel centro di Sant’Andrea di Conza in due strutture. Una ex scuola elementare e l’ex Municipio.

“Abbiamo pensato di accogliere i minori per poter dare un futuro a loro e forse pure a noi stessi”, esordisce il sindaco Gerardo Pompeo D’Angola. Il progetto coordinato da Rosa Di Roma è in piedi da quasi due anni. E continuerà. C’è tutta l’intenzione di farlo e la comunità santandreana ha accolto benissimo i ragazzi. “Anche troppo. Quando arrivò un gruppo – racconta il sindaco – molti prepararono una specie di comitato di accoglienza. Gli ospiti non gradirono del tutto. Anzi erano quasi infastiditi, non volevano sentirsi un fenomeno da baraccone. Ma è stato un caso, col tempo abbiamo capito che loro hanno il diritto di vivere come tutti gli altri cittadini. Né meglio né peggio. Non devono sentirsi speciali né emarginati. Devono fare quello che facciamo noi, coi limiti e con le possibilità della nostra zona“. Le due strutture sono obiettivamente a quattro stelle. All’interno sono pulitissime e colorate. Spaziose. Si vive in doppia o al massimo in tripla. Come all’università in pratica. C’è internet, la sala multimediale, attrezzi da palestra. Televisioni, tra poco una biblioteca. Per molti la vita comincia abbastanza tardi al mattino. Come succede agli studenti fuorisede. Dopo la colazione preparata in una splendida cucina si può iniziare a ragionare. A scuola si va il pomeriggio a Sant’Angelo, col pullman. Un ragazzo frequenta con profitto l’Istituto Alberghiero di Lioni. Un sistema che all’Expo di Milano ha avuto un premio per le buone pratiche messe in campo.

 

 

In una giornata grigia e fredda l’Irpinia non è esattamente il paradiso. “Per fortuna che c’è il calcio“, scherza il romanista sindaco di Sant’Andrea insieme a Bubacar. “Questo poi è pure pieno di femmine…“. Ma a parte gli scherzi “a un nostro ragazzo si è interessato l’Avellino“. Per Sant’Andrea l’accoglienza è importante. Le due strutture sono state messe in piedi dal Comune, ma a renderle “stellate” ci hanno pensato gli stessi abitanti. Col volontariato, con le donazioni. Del resto le operatrici sono solo 7. E in pratica vivono del centro due addetti alla sicurezza. C’è il cuoco e qualche altra figura che quotidianamente o settimanalmente opera nello Sprar. Ma il tutto è messo in pratica con l’aiuto di decine di volontari. C’è chi dona tempo, chi i beni. Laura Racioppi ha studiato e lavorato a Napoli. Ora è tornata a Sant’Andrea e lavora 8 ore al giorno se non di più coi giovani migranti. Mentre chiacchieriamo con lei, il sindaco si occupa di lavori manuali…

 

Generalmente i centri Sprar non hanno i problemi della prima accoglienza. Ma qui cerchiamo di fare veramente integrazione. Il problema è che in una piccola realtà come questa la differenza tra ‘noi e loro’ risulta abbastanza evidente. In città questo non avviene, anche se in città ci sono una serie di problemi in più per i richiedenti asilo. In ogni caso qui vogliamo abbattere o quantomeno limitare la differenza tra noi e loro”, spiega Laura.

E allora si continua. Nella normalità di una situazione straordinaria. Con un indotto sociale notevole per un comune di 1700 abitanti. E – perché negarlo? – con un importante indotto anche economico. 500mila euro ogni anno che girano all’interno della comunità. Perché tutto viene comprato a Sant’Andrea a cominciare dal cibo. Locale, per quanto possibile. E per citare un’associazione presente in loco, anche i giovani rifugiati vorrebbero restare in questa parte di Irpinia. Qualcuno ci è riuscito, altri ci riusciranno. Buona parte di loro dovrà lasciare spazio a nuovi ospiti. Funziona così, ma almeno nel suo piccolo funziona bene.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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