I colori di Avitabile a Lioni: Dalla periferia si emerge studiando

Rosso: passione e sangue, nero: morte e dolore, l’oro del deserto e dei limoni, blu mare e turchese cielo, marrone per la terra e il legno da cui prendono vita tanti strumenti, verde delle campagne e della speranza. Il Bianco, che comprende tutto lo spettro luminoso, per le mani di tutto il mondo che si stringono assieme come in “Mane e mane”. Questi alcuni de “I colori della musica” stesi sulla tavolozza della vita da Enzo Avitabile. Il progetto, a metà strada tra cinema e musica, spettacolo e formazione, ieri sera è stato ospite del Multisala Cinema Nuovo a Lioni. Avitabile, che il prossimo 10 ottobre sarà di nuovo in Irpinia per “suonare” i madrigali del principe dei musici Carlo Gesualdo, si è fatto raccontare nel docufilm “Music life” diretto dal premio Oscar Jonathan Demme.
Alla proiezione, che narra le tappe musicali di un’esistenza che non sa prescindere dai frutti del pentagramma alternando narrazione, flusso di coscienza e performance corali o in assolo, è seguito un momento di interazione tra l’artista napoletano e il pubblico in sala che lo ha stimolato con le sue domande.
“Questa iniziativa – ha esordito Avitabile – si chiama I colori della musica, ma si sarebbe potuta chiamare ‘Out of sight, fuori di vista’ oppure ‘Dei sogni e delle probabilità'”. I fuori di vista sono tutti gli ultimi del mondo che da Marianella, da Scampia, dall’area nord di Napoli urlano la loro sofferenza di periferia, oltre che geografica, culturale. “E’ l’isolamento culturale – ha spiegato – il vero dramma. Studiate, impegnatevi. Lo studio e l’impegno rendono possibili il sogno”. Un messaggio per la periferia irpina. Il suo si è realizzato. Da uno scantinato del Sud del mondo a collaborazioni prestigiose. C’è il Mediterraneo ellenico, il Maghreb, ci sono il Medioriente e l’Asia oceanica, l’Africa sub-equatoriana, c’è l’America latina e il blues degli schiavi afro-americani nella musica di Avitabile: una contaminazione che unisce popoli e culture, che rende possibile l’integrazione, che mette insieme le sofferenze.

“La mia musica dà a ognuno la possibilità di ritrovare un pezzo di sè, ecco perché ci sono ancora oggi tante persone che vengono ad ascoltarmi – ha precisato l’artista regalando alla platea “Terra mia”, omaggio all’amico Pino Daniele. “C’è stato uno spartiacque nella mia storia musicale ed è stato quando non sono stato più soltanto spettatore della sofferenza, ma l’ho provata in prima persona – ha raccontato – E’ stato allora che dal fare musica, sono diventato io stesso musica”.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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