di Vincenzo Principe di Apice (BN) e Roberto Caruso di Grottaminarda (Av), giovani UDC
Il 4 dicembre scorso, le urne hanno stabilito che le province debbano rimanere organi costitutivi dello Stato Italiano con piena dignità costituzionale. La Carta europea dell’autonomia locale obbliga le parti che l’hanno ratificata (come l’Italia) ad applicare le regole fondamentali per garantire l’indipendenza politica, amministrativa e finanziaria degli enti locali e prevede che il principio dell’autonomia locale sia riconosciuto dal diritto nazionale e protetto dalla Costituzione, permettendo agli enti locali di essere eletti con suffragio universale. Da qui la richiesta a chi di dovere, di adeguare il quadro normativo già diventato anacronistico (Legge Delrio) all’esito referendario e all’art. 5 della Costituzione che recita: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”.
Il suffragio universale comincia a rappresentare un serio pericolo per la civiltà occidentale? Se questo è un problema, bisogna essere consapevoli degli errori del passato e del continuo avanzare di un lamento, che si fa ogni giorno più forte. Non si corregge un malessere con una privazione o con l’accompagnamento, ma occorre un’attenta analisi.
La democrazia per sua natura, richiede l’assenso, la fiducia e la partecipazione dei cittadini. Invece le istituzioni democratiche sono avvolte da un clima di sfiducia. L’art.49 della nostra Costituzione stabilisce che i partiti sono lo strumento per consentire al popolo di concorrere a prendere delle decisioni. I partiti quindi non devono limitarsi a consentire all’elettore di esprimere il proprio voto. Questa è una concezione minimalista del partito che ha condotto alla partitocrazia. A questa concezione minimalista, si accompagna una concezione minimalista di popolo ridotto a corpo elettorale. L’elettore ha una vita brevissima, di pochi minuti, pari ad una scheda elettorale e pertanto non riesce ad inserirsi nelle istituzioni. Ciò porta al malcontento dell’elettore. Il popolo invece deve avere continuamente la possibilità di manifestare la sua volontà.
Secondo l’art. 49 della Costituzione il partito avrebbe questo preciso compito. Da un lato deve contribuire a formare la volontà popolare, dall’altro deve coinvolgere la volontà popolare in continua formazione nelle istituzioni politiche. Questa è una concezione dinamica di partito che si contrappone all’attuale partito apparato. L’esercizio della sovranità popolare non può consistere solo nella elezione dei rappresentanti, perché il processo democratico passa attraverso due momenti precisi. Il primo momento consiste nell’esercizio del voto mirato alla scelta dei rappresentanti, il secondo si concretizza nel concorso degli elettori con gli eletti all’esercizio del potere. Emerge così il concetto di democrazia partecipativa dove rappresentanza e partecipazione si integrano a vicenda.
I partiti sono venuti meno alla loro funzione in quanto non hanno saputo vivificare le istituzioni rappresentative collegando gli elettori con gli eletti. In questo modo uno Stato rappresentativo è diventato uno Stato partitocratico. La partitocrazia è la sottrazione della sovranità al legittimo titolare: il popolo.
Secondo la nostra Costituzione il “Principe” è costituito dal popolo, si parla di sovranità popolare, non di sovranità dei partiti. Di fatto i partiti hanno sostituito il popolo. L’Ente Provincia ha una valenza di rappresentanza diretta di un territorio più vasto di quello comunale, come pure i Consorzi di bonifica e le Comunità montane. Il fine di questi Enti territoriali, quando sono stati creati, era di contribuire a risolvere delle problematiche territoriali. Con il tempo questi Enti sono diventati essi stessi “problematiche territoriali”. Quindi, oltre guardare al ruolo degli Enti nel contesto territoriale, occorre guardare alla funzione giuridica per cui sono nati e l’intento che devono perseguire al fine di garantire un benessere sociale della collettività. Con l’intento di perseguire l’insegnamento Sturziano, ci si auspica, con molta umiltà e senza presunzione, un dialogo con le altre forze politiche, al fine di dare un contributo al contesto politico provinciale e di far ritornare la politica tra la “gens”.