I migranti come Maria e Giuseppe: il buon anno di Capocastello

Botteghe artigiane, locande, piccoli fuochi accesi qua e la. Lo scrosciare dell’acqua nelle vasche del Vagno di Capocastello, l’antico e caratteristico borgo medievale di Mercogliano che, già lo scorso 26 dicembre, ieri e probabilmente in un’altra data nei primi giorni del nuovo anno, accoglie e fa da sfondo al presepe vivente. Un evento che, al di là della spiritualità, ha qualcosa di magico. Un po’ di neve ai lati, i sapori e gli odori dei cibi tipici invernali. E su, in cima, la capanna. “Ma quel bambino è vero?”. “Si, è un bambino in carne ed ossa ed ha 5 mesi”. La domanda di un visitatore e la risposta della giovane ragazza interpretante la Madonna. Il piccolo Gesù, un bambino nigeriano, dormiva tranquillo tra le braccia della sua “mamma”, mentre i visitatori ne rimanevano incantati. C’è chi era già a conoscenza del fatto che il bambino nella mangiatoia, quest’anno, fosse un piccolo di colore. E chi, invece, appena girato l’angolo della capanna, veniva colto dallo stupore.

Negli occhi delle persone si leggeva chiaramente la meraviglia nel guardare quel tenero volto che, inconsapevolmente, ha dato un particolare significato ad una tradizionale rappresentazione. A pochi passi da lui, i genitori, quelli veri. E la sorellina di un anno e mezzo che, quando il piccolo aveva bisogno del latte, o di una pausa dal suo ruolo, prendeva il suo posto. “Senza volerlo, può essere anche una risposta all’atto commesso dall’attivista Femen in piazza San Pietro che, nel tentativo di prelevare la statua del bambino Gesù dal presepe, ha urlato «Dio è donna»”- ha dichiarato ad una televisione locale, qualche giorno fa, Don Vitaliano Della Sala, parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Capocastello. “Nel presepe bisogna entrarci – ha detto proprio la notte di Natale, in occasione della messa -. Lo si può vivere in due modi: da egoisti come Erode che, come tutti i potenti dei giorni nostri, pensa solo ai propri interessi. Oppure volgendo lo sguardo a Giuseppe e Maria che cercano accoglienza”. Il chiaro riferimento ai più deboli, e in particolare ai tantissimi migranti che sono arrivati quest’anno in Europa e che come Giuseppe e Maria, pur avendo bussato a molte le porte, non sempre le hanno viste aprirsi per loro.

Il piccolo nigeriano, avvolto nelle fasce in quella mangiatoia, e figlio di richiedenti asilo arrivati nella nostra provincia e ospiti di una delle tante strutture irpine, “è il simbolo di un Dio povero e non onnipotente come siamo abituati e come ci fa comodo credere – ha spiegato il parroco di Capocastello -. Questo bambino ci deve far riflettere”.
Riflessioni. Dal presepe per riportarle nella vita di tutti i giorni. E nel nuovo anno che sta per arrivare.

Sabina Lancio

Ha da poco conseguito la laurea magistrale in Teoria dei linguaggi e della comunicazione audiovisiva all'Università degli studi di Salerno. Le piace scrivere e, in generale, lavorare nel mondo della comunicazione, conoscere nuove persone e intraprendere nuovi percorsi.

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