I murales di Lioni, tradizioni e dolore diventano speranza

Hyuro non ama farsi fotografare, si nasconde dietro la paglietta. E’ la quarta artista della settima edizione della Biennale “Angelo Garofalo”. La sua è un’opera intimistica: braccia femminili di un corpo senza volto, il suo, sorreggono un’abitazione. La stessa sulla quale Hyuro sta realizzando il suo murales, una di quelle rimaste in piedi la sera del terremoto dell’ 80. A ben guardarlo il suo soggetto restituisce serenità e speranza: la comunità in carne e ossa che fa da scudo ai luoghi.

 

 

A Lioni l’appuntamento con la memoria passa anche quest’anno per la street art. Così la Biennale, dedicata al compianto Lillino e organizzata da Dario Garofalo con la collaborazione di Francesco Donatiello e del direttore artistico Antonio Sena, si è trasformata in Bag Out, in museo a cielo aperto, contaminando con l’arte quartieri popolari e centro storico, fino a esportare i suoi prodotti a Sant’Andrea di Conza dove a partire dal 6 agosto Luis Gomez de Teran realizzerà un altro murales.

Sei artisti in totale nell’edizione 2016, due delle quali donne. Argentina, Portogallo, Spagna, Italia. Nazionalità diverse e personalità latine, ospiti della Biennale e della Pro Loco di Lioni per quasi un mese. Con eventi nell’evento come le serate musicali ai piedi dei murales, gli stand enogastronomici e una voglia di appropriarsi di spazi che coinvolge. Gli spettatori non mancano, per alcuni di loro la tappa ai murales è diventata appuntamento fisso della giornata: si condivide il pranzo o la cena, si organizzano uscite fuori porta come quella notturna a Gavitoni. “L’accoglienza e l’ospitalità di noi lionesi ha colpito tutti gli artisti”.

 

 

Daniel Eime è l’autore della parete di via Manzoni. Colori vividi che si fondono con l’azzurro del cielo e il primo piano di una donna anziana, il viso segnato, lo sguardo intenso e preoccupato. S’è guadagnato il titolo di stakanovista, lui che di provenienza è portoghese. “Ha lavorato senza fare pause, concentratissimo”, ci raccontano. Manolo Mesa e Sebas Velasco invece hanno scelto soggetti locali prendendo ispirazione dai dipinti di Angelo Garofalo e dalla quotidianità delle campagne lionesi. Un’opera a quattro mani, la loro, realizzata su due pareti di un quartiere popolare di recente costruzione cui la Biennale ha regalato inaspettata bellezza. Protagonisti del doppio murales sono un uomo sull’uscio di casa che volge lo sguardo lontano, e le grandi mani di un contadino con in braccio una gallina. Omaggi a una ruralità non del tutto perduta e tributo al lavoro sudato delle campagne altirpine.

 

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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