“Il presidente De Luca come primo atto dovrà convocare il tavolo per i sottoscrittori del patto per lo sviluppo e ripartire da lì”. Parola di Mario Melchionna, leader della Cisl Irpinia-Sannio, al convegno di Avellino con i quattro nuovi consiglieri regionali.
Per chi ancora non lo sapesse, il patto per lo sviluppo è quel tavolo formato negli ultimi anni da Politica, Sindacati, Confindustria per affrontare nel suo complesso la cosiddetta Vertenza Irpinia: ossia il complesso di emergenze vecchie e nuove, lavoro e infrastrutture su tutte.
Ora che Melchionna vuole riproporre il patto, noi ci permettiamo di rivolgere qualche osservazione all’operazione. Un’operazione che non ci convince del tutto. In primo luogo perché ci sono nuovi protagonisti. E’ cambiato il governatore e cambierà la squadra di governo regionale. Sono cambiati i consiglieri e il colore della maggioranza. Probabilmente cambio alla guida di Confindustria. Non è detto che lo strumento tavolo-patto possa trovare il favore di Vincenzo De Luca o del suo vice. Non è neanche detto che possa trovare l’ok degli industriali. Ma ammesso che tutti possano riunirsi ancora, la convocazione risulterebbe anacronistica a nostro parere.
Intendiamoci, il lavoro svolto fino ad ora ha avuto il grande merito di mettere insieme soggetti diversi. Di risvegliare la coscienza di molti. Di porre l’accento su aspetti dimenticati. L’approccio va conservato, ma in parte. Andrebbe reso attuale, più moderno, più aderente a una realtà che si muove velocemente pure in Irpinia.
Mettere insieme sanità-bonifiche a occupazione-infrastrutture può rivelarsi un errore anche se i quattro aspetti vengano discussi soltanto in un convegno e senza approdare, insieme, al tavolo dello sviluppo.
Sulla sanità non si capisce perché i percorsi non possano essere inseriti nell’ordinario. Del resto si tratta della materia delle materie in una Regione. Ci sono i consiglieri regionali che hanno già manifestato l’intenzione di riportare livelli essenziali di assistenza nelle zone colpite dai tagli. Carlo Iannace, uno dei consiglieri, è comunque del settore. L’Irpinia non è un’isola a sé e gli ospedali li hanno chiusi anche in altre zone. Conclusione, la sanità è una materia da affrontare a Napoli nelle sedi tradizionali. A meno che, e parliamo dell’Alta Irpinia, questo benedetto Progetto Pilota non possa trovare la strada delle deroghe previste per le aree meno sviluppate a livello di servizi.
Sulle bonifiche. Ci sono situazioni diverse, dall’Isochimica a parti di aree industriali dismesse. Ci sono inchieste in corso e anche decine di curatele fallimentari in atto. Tutto porta ai tribunali. E allora forse è qui che bisogna intervenire con maggiore convinzione. Un tavolo tra sindacati, politici e industriali? Oppure un tavolo ad hoc in Tribunale? La seconda ci sembra un’idea migliore. E’ questo un nodo delicatissimo da sciogliere. Bisogna convocare anche l’Asi, attuare il famoso disegno di legge Foglia-D’Amelio sul riutilizzo dei capannoni dismessi. Non possiamo oggettivamente sperare che l’Irpinia, o parte di essa, possa improvvisamente diventare attrattiva per chi intenda investire. Non con le belle parole o con un brand.
Sulle infrastrutture. Tutta l’attenzione del mondo, tutto l’aiuto dei sindacati e il pressing dei politici nostrani. Ok, d’accordo. Ma a noi sembra che la volontà statale superi la forza del tavolo-patto per lo sviluppo. L’esempio è la stazione Hirpinia della Napoli-Bari in Valle Ufita. Se il governo dovesse decidere per l’abolizione non vediamo come l’Irpinia possa ribellarsi. Del resto non si tratta di un diritto.
L’acqua. E’ chiaro che la soluzione al dare-avere idrico vada trovata a livello interregionale.
L’occupazione in generale, il turismo, l’agricoltura. Ecco, non volendo intraprendere discorsi sui massimi sistemi e sui sindacati che probabilmente non rappresentano al meglio le migliaia di anime disoccupate o inoccupate della provincia (o nel resto del Paese), l’operazione da fare è solo una. Innovare. E l’innovazione non può passare per un tavolo che escluda le associazioni, i Gal, le Pro-loco, i paesi. O che non raccolga gli altri soggetti invisibili ma potenzialmente vincenti. E poi una riflessione su tutte: l’Irpinia non è una. Il “trapianto produttivo” è un errore. Ogni luogo scelga e trovi una sintesi per il futuro, con l’aiuto di tecnici e politici. Nessuno può aspettarsi i miracoli, quelli si devono creare. Possibilmente dal basso…
Per tutta questa serie di motivi diciamo: Bene l’idea di Melchionna, ma forse è ora di cambiare le carte sul tavolo per un nuovo patto.