Spettacoli e cultura

“In viaggio a Berlino Est”, tra Goodbye Lenin e De Mita

3 ottobre 1990 – 3 ottobre 2020. Trent’anni di Germania riunita. Quasi trentuno da quando il Muro di Berlino è crollato. Il tempo di una generazione, che non avrà ricordi di questi eventi se non dai racconti dei propri padri o nonni, sebbene molte delle dinamiche della politica e della storia contemporanea ancora dipendano da quegli eventi e dalle decisioni che le hanno precedute e seguite.

Ne è convinto Claudio Petrozzelli (dottore in Relazioni Internazionali, blogger e referente delle Sardine d’Irpinia) che – nonostante abbia ancora tempo per completare la sua terza decina d’età – ha messo nero su bianco il grande interesse che da sempre ha nutrito per questo tema, dando alle stampe la sua prima fatica letteraria: “In viaggio a Berlino Est”, con la prefazione di Leonardo Festa e il patrocinio di MiscaLab.

In questo agile romanzo il protagonista è Antonio, giornalista avellinese che si trova ad iniziare la sua gavetta quando le prime pagine sono sempre occupate dai successi sportivi dei biancoverdi e da De Mita presidente del consiglio. Il suo modello di riferimento è Ilaria Alpi, mentre il sogno nel cassetto è quello di raccontare le grandi storie del mondo.

Decide così di fare un viaggio a Berlino Est quando l’unificazione sembra (erroneamente) ancora molto lontana. Visita luoghi simbolo della DDR; parla con i fieri abitanti; sente su di sé i sospetti della Stasi. Fa anche un incontro che gli cambierà la vita, con i genitori di Chris Gueffroy, colui che sarà l’ultima vittima uccisa dai soldati nel tentativo di scavalcare il muro.

Finzione e storia si intrecciano. Si respira insieme al protagonista la “vita senza sussulti” della DDR dove, tutto sommato, “si vive bene, se non si hanno grosse pretese”. Il racconto arriva fino ai giorni nostri, ad un Antonio ormai adulto che fa un bilancio di tutto ciò che è accaduto, di quello che di sbagliato c’era nel “sogno socialista” ma anche di un capitalismo fagocitante che ha miseramente fallito.

Completano il libro una cronologia essenziale, un’appendice iconografica, schede biografiche e una bibliografia ragionata, come stimoli per tutti coloro che avranno voglia di approfondire. Parte dei proventi delle vendite verranno devoluti ai progetti di SOMA – Solidarietà Mutualismo Avellino.

Come le è venuta l’idea del romanzo? Qual è stata la sua genesi? Poco meno di due anni fa scrissi un piccolo racconto su Berlino in un blog di viaggi che curavo; questi racconti piacquero a dei miei amici che mi spinsero a rendere più corposa la trama per scrivere un libro. Ne parlai con la pagina Berlino Magazine (per la quale ho poi realizzato qualche pezzo sulla DDR) che subito mi diede manforte. Così, dopo un ulteriore viaggio, lo scorso marzo, il breve romanzo ha preso ufficialmente corpo.

Sulla Ostalgie e le sue diverse chiavi di lettura sono state prodotte moltissime opere letterarie e cinematografiche. Quali in particolare l’hanno ispirata? Sicuramente il punto di partenza principale è stato il film “Goodbye Lenin”, ma anche “Le vite degli altri” è stato a suo modo di ispirazione. Molto importanti sono state anche le diverse visite che ho effettuato al DDR Museum, mentre i testi di Hans Modrow e Ulrich Mahlert sono stati sicuramente fondamentali per apprendere diverse curiosità. Per realizzare il romanzo ho letto una quindicina di testi tra libri, guide e riviste.

Perché ripercorrere la storia attraverso un personaggio che nella sua contemporaneità è un adulto? Ho cercato di ripercorrere la storia proiettandomi al passato. L’Antonio che si incontra all’inizio del romanzo rappresenta molto la mia attualità, quello che si legge nel finale è sicuramente un adulto che in questo momento faccio fatica ad identificare con qualcuno in particolare. Senza dubbio è una figura che speravo di trovare nel mio processo di crescita politica e che spero le nuove generazioni possano trovare nel loro. Dagli adulti mi aspettavo più memoria; ricordare serve ad evitare gli errori mentre negli ultimi 30 anni a sinistra sembrano siano stati sbagliati sempre gli stessi passaggi.

Quali, secondo lei? Spesso a sinistra abbiamo pensato di poter vivere di rendita sulla base della grande moralità che apparteneva al PCI. I tempi, però, sono cambiati e non si è riuscito ad intercettare nuovi elettori mentre si perdevano quelli vecchi. Troppi ancora usano un linguaggio retorico che alle nuove generazioni non arriva. Ogni volta si costruiscono i soliti cartelli elettorali che puntualmente svaniscono dopo pochi mesi. Bisognerebbe tornare a costruire e programma tornando a parlare tra la gente senza aspettare con ansia solo l’appuntamento alle urne.

Chi sono i destinatari del suo romanzo? Quando ho scritto il libro l’ho pensato sia per gli adulti che avevano voglia di conoscere qualche curiosità su un’epoca che hanno vissuto ma soprattutto per la mia generazione e per quella che verrà. Spero che il mio lavoro possa essere un punto di partenza per innamorarsi del tema del socialismo democratico e per approfondire un evento storico che ancora oggi segna le nostre vite.

Fa ancora notizia un muro caduto ormai oltre 30 anni fa, con tutto il suo carico simbolico, ma sembriamo non essere toccati dagli oltre 40 km di barriere che ancora oggi sono innalzate nel mondo, destinate a crescere. Secondo lei perché? Il clamore di un fatto storico viene scaturito anche da come viene raccontato; 31 anni fa il muro cadeva e la tanta euforia nascondeva le crepe dell’economia di libero di mercato. Oggi i muri ci vengono raccontati come una divisione tra “noi” e “loro”. Loro sono i migranti, i poveri, quelli che non vogliamo che vengano a vagare per le nostre strade. I muri di oggi vengono percepiti come necessari, per difenderci da coloro che reputiamo diversi. Dimenticando, però, che siamo tutti esseri umani e le barriere sociali andrebbero distrutte e non alimentate. Bellissima in questo senso fu la citazione di Gagarin, il primo uomo a solcare le vastità dello spazio: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”. Ecco, dovremmo riscoprire queste parole e mettere al centro i valori dell’umanesimo, dell’uguaglianza e della cooperazione tra popoli.

Rosaria Carifano

Giornalista nonostante tutto, autrice per caso. Insegno danza e cerco cosa abbiano in comune un corvo e una scrivania.

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