Una manina oscura, neanche tanto oscura per la verità, ha messo in serio imbarazzo la Regione Campania. Tutta. Dal governatore al suo vice, fino ai consiglieri regionali irpini. È la manina di quel dirigente che ha prorogato la concessione idrica da Caposele alla Puglia fino al 2032 in attesa che venisse definito il quadro complessivo sul sistema idrico meridionale (quote, compensazioni, deflusso minimo vitale dei nostri fiumi). L’ira del vice di De Luca si è poi abbattuta sul dirigente e alla fine tutto sembra tornato alla normalità, concetto peraltro da definire. Queste giornate dell’assurdo dicono un paio di cose e su più campi. La prima. È francamente inconcepibile che il numero due della Regione Campania intervenga 30 ore dopo la pubblicazione di quel documento. Altrettanto inconcepibile il fatto che quel documento sia stato pubblicato senza che il livello politico della Campania sapesse niente. O imbarazzante, dipende dai punti di vista. Un blackout istituzionale e burocratico che fa riflettere. La seconda considerazione riguarda noi stessi, noi irpini; che troppe volte ci concentriamo sul rapporto tra il paese delle acque, Caposele, senza guardare ai nostri fiumi, ai nostri invasi e alle altre comunità delle acque. L’acqua irpina non esiste, esiste l’acqua con tutto ciò che si porta dietro. Continuare a difendere così come stiamo facendo una proprietà che privata non è, alla lunga diventerà una pratica infantile.
Occorre che la materia venga discussa e definita presto nella sua vastità e nella sua complessità, ovviamente. Ed è per questo che questo benedetto tavolo del bacino idrico meridionale deve essere convocato, aperto. De Luca, Bonavitacola, D’Amelio e gli altri dovrebbero alzare la voce con la Puglia e non con il dirigente. Operazione non facile, perché sempre per Roma si passa. Ma necessaria: non per evitare presunti scippi o per arricchirci, ma per tutelare ciò che resta del nostro territorio e limitare i rischi idrogeologici. Compensazioni servono. Non per costruire campi di calcetto o per mettere a posto le casse comunali (in questo gli irpini ci sanno fare). Ma per riqualificare le aree fluviali e mettere in sicurezza le montagne. Se non si capisce questo continueremo a piangerci addosso, continueremo a fare le vittime derubate, sperando senza impegno di non dover piangere per eventuali vittime e per possibili danni in caso di rabbia della natura su fiumi e monti.