La Mefite, un paio di interventi e il gioco è (quasi) fatto

Della Mefite di Rocca San Felice si è parlato molto negli ultimi tempi. C’è un’accelerazione sul percorso per l’inserimento tra i siti Unesco. “La Mefite è il più grande emettitore di anidride carbonica non vulcanico al mondo e questo è un requisito di unicità”, si disse al lancio della candidatura al Circolo della Stampa di Avellino. Percorso lungo e difficile, ora è in atto una raccolta firme perché l’istanza possa risultare efficace. Dell’istanza formale si sta occupando il Cai (Club alpino italiano). Si attendono i prossimi passi formali ma, Unesco o meno, il sito va rilanciato comunque. E infatti si è parlato di Mefite anche a Nusco, seppur brevemente, nell’incontro con il governatore Vincenzo De Luca. Un luogo considerato magico, che rimanda al culto della Dea Mefite, divinità benigna oppure malefica.

Un luogo che si tenta di valorizzare con più strumenti, tutti a medio-lungo termine però. “Quello dell’Unesco è un iter particolare. La sfida è appassionante e stimolante – spiega l’avvocato Tancredi Lisena – ma non v’è dubbio che alcuni aspetti di questo luogo si possano migliorare già da ora senza attendere“.

Ma cosa trova il visitatore ad oggi? La principale attrazione, qui nella Valle d’Ansanto, è un suggestivo laghetto sulfureo. Si trova a pochi chilometri dal centro di Rocca e a meno di un chilometro da contrada Santa Felicita. Si tratta com’è arcinoto di un paese tenuto benissimo; in una zona che vanta diversi ristoranti di ottima qualità (il che è sempre cosa buona). Uno dei borghi oggettivamente più belli dell’Alta Irpinia.

 

Per chi non conoscesse la zona e volesse reperire informazioni sul luogo, segnaliamo piccole ma significative criticità. La Mefite non figura alla voce “gite turistiche” sul portale istituzionale del Comune. In quella sezione del sito internet ci sono monumenti e chiese invece. E il museo. La segnaletica è un po’ a singhiozzo. Un paio di cartelli conducono agevolmente in contrada Santa Felicita, da cui si scende a valle verso il laghetto. Il cartello non si nota subito ma essendo autoctoni conosciamo l’ingresso e scendiamo lo stesso. Poi compare subito l’insegna di legno. Dettagli risolvibili in tre secondi.

 

L’odore di zolfo è quasi una guida naturale e in tre minuti si arriva nella zona delle “esalazioni pericolose”. Le staccionate sono ormai divelte, ma dopo un inverno duro può considerarsi più che normale. Nulla che non possa risolversi con lavori abbastanza ordinari. Quelle principali sono però stabili e in generale l’area appare decisamente pulita. Si vede che ciclicamente il Comune provvede a mettere in ordine e a intervenire sul verde e su eventuali rifiuti “della domenica”. La zona è poi soggetta a vincolo della Soprintendenza. La cartellonistica, che si sta provvedendo a rinforzare dopo i lunghi mesi invernali, sembra comunque un po’ datata nei contenuti e nell’interattività. Realizzata dieci anni fa, è sprovvista di codici Qr. Nonostante il cartello “esalazioni pericolose”, buono per le foto dei turisti, si può tranquillamente scendere fino al laghetto. Nessun elemento che impedisca fisicamente la discesa “negli inferi”. E anche lo stesso cartello è abbastanza vago nel definire la zona critica. Il pericolo di morte non è molto visibile ma esiste. Il sito, come spesso accade in Irpinia, è di libera accessibilità, il che tra l’altro rende anche impossibile la conta dei visitatori. Storia di sempre. Tecnicamente questa piccola area non ha una classificazione precisa. Non è un parco, un’oasi, un museo all’aperto. E’ un luogo del Comune, punto. Come una stradina o un parcheggio.

Se quindi da un lato è da apprezzare l’opera di pulizia che viene fatta puntualmente sul luogo, è chiaro che definire la Mefite un’attrazione turistica sia decisamente fuori luogo, almeno per il momento. Servono pochi interventi e il gioco è (quasi) fatto. Perché il “quasi”? Parliamoci chiaro, si tratta di un laghetto sulfureo. Affascinante. In una zona che estendendosi fino a Villamaina crea un indotto importantissimo (il turismo termale). Che genera il nutrimento ideale per gli animali, che vede il formaggio Carmasciano come prodotto di punta. Ma senza un sistema di narrazioni, eventi e promozione, il lago è destinato ad essere nascosto nella valle. Perfetto per la gita della domenica e le fotografie, ma con poche prospettive. “Chi viene alla Mefite è un amante della natura, uno studioso, un curioso, un addetto ai lavori. Ma ti assicuro – precisa sempre l’avvocato Lisena – che soprattutto nei weekend la Mefite è un’attrazione vera, con numeri molto alti. E’ vero, peccato che nessuno possa contarli“. Anche questa, in Irpinia, è storia già vista.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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