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Le danze urbane di Michele Leone, un viaggio al contrario direzione Carife

La scuola di danza è come una famiglia. Quante volte lo avrete sentito dire da diversi ragazzi, allievi delle varie associazioni della provincia? E quante volte non ci avete creduto? Eppure è così. Chi condivide un certo tipo di esperienze, fatte di passione e sacrifici, emozioni e lacrime. Si lega, cresce e matura insieme.

Il maestro e coreografo irpino Michele Leone ha fondato il suo gruppo di danze urbane poco più che adolescente e ha deciso, nel delicato momento dell’emergenza covid, di affidare ad un foto-libro i vent’anni della sua carriera, che coincidono con quelli della storia della sua realtà tersicorea: “Sono a casa. Storia di una famiglia di danza” può essere acquistato tramite Amazon, e racchiude gli scatti, le riflessioni e i dialoghi più belli di tutto ciò che ha animato e anima l’asd ExpressionDance family.

Il concept alla base di questo nome è chiaro: dare vita ad un luogo dove si trasmette attraverso la danza, e dove ci si sente al sicuro. Un rifugio, una safe-zone dove potersi esprimere liberamente. «Per me una scuola di danza è a tutti gli effetti una scuola di vita – scrive Leone – molti dei comportamenti e degli atteggiamenti che assorbi negli anni di formazione artistica ti arricchiscono nello studio universitario, nell’approccio al mondo del lavoro, nell’empatia umana».

Leone, dopo essere cresciuto e vissuto nella “nordica” Cuneo, nel 2000 è ritornato a Carife, suo paese d’origine: «C’era grande scetticismo intorno alla mia scelta di trasferirmi al Sud, per la gente facevo il viaggio al contrario», ma ancora ricorda «nitidamente la prima manciata di ballerini che si fidò di me. All’epoca ci chiamavamo Top of the Dance».

Qualcosa inizia a muoversi. In zona quel lavoro, quello stile, anche se acerbi, sono una novità e «un fattore da subito fu chiaro a chiunque si avvicinasse ai miei progetti: se sei qui, emozionati, altrimenti faticherai a restare». Quel piccolo nucleo di allievi aumenta e il nome di questo giovane maestro – che, nel frattempo, studia, si aggiorna, migliora anno dopo anno – supera i confini sia provinciali che regionali: oggi l’asd Expression, conta oltre 130 componenti regolari in tutta l’Irpinia, ai quali si aggiungono i partecipanti delle classi speciali periodiche tenute in giro per la Campania.

Il lockdown ha privato moltissime persone di tutto questo. Non solo dell’allenamento, necessario per migliorarsi, come per qualunque atleta. Ma anche del proprio riparo sicuro, della famiglia dove non si è nati ma che ci si è scelti, del posto più bello per esprimere la propria passione.

Proprio dalla quarantena è arrivata la spinta finale a pubblicare questo volumetto. Per ricordare, mettere nero su bianco, tutto quello che c’è stato e ci sarà ancora, perché quella della pandemia è una fase che, prima o poi, passerà e che ha mutato – certo – ma non fermato, ciò che si ama: «Ho avuto quest’idea del libro perché una mia allieva e assistente – Melania Garofalo – ha iniziato un’esperienza di trading online, e voleva esordire attraverso la produzione di un mio libro perché ho esperienza in questo senso, avendone già scritti tre. Mi ha chiesto una sorta di raccolta dei precedenti, ma non volevo rivolgermi al passato, volevo guardare avanti. Ho pensato che cadeva a pennello l’occasione per festeggiare 20 anni di carriera provando a dare alle stampe qualcosa, in fondo, di originale. Ha sempre senso trovare sullo scaffale di una libreria una biografia di Nureyev, o di Carla Fracci. Ma un maestro “normale” di una scuola di danza “normale”, ne ha di cose da raccontare. Come si sta, come si fa e cosa. Ci sono dentro molte esperienze personali, oltre che tante legate alla carriera».

Il risultato è una sorta di «diario segreto, in cui raccolgo momenti e foto, quasi come ritagli di giornali. Un altro mio ex allievo, Alessio Pontolillo, ha curato la grafica. Sembra che da ogni pagina, da uno stralcio, esca un ricordo. Ma non c’è niente di casuale, nemmeno le sovrapposizioni delle immagini. Sono molto contento e grato di aver avuto questa possibilità e spero che questo possa essere un libro che non venga solo letto, ma che sia conservato come un album di foto. Lo scopo è questo: essere presente negli scaffali esattamente come nella vita delle persone che hanno avuto a che fare con me, con la mia arte».

Il libro racconta i tanti momenti che in un anno accademico si susseguono. La preparazione delle coreografie, l’arrivo dei costumi, le prove generali, lo spettacolo, la fibrilazione dietro le quinte, e tanto altro ancora: «Non volevo parlare solo di me, ma di me all’interno di ciò che facevo. Mi sono concentrato sugli altri». Chiunque abbia condiviso un pezzo di strada con l’asd Expression si ritroverà e riconoscerà tra le pagine. Soprattutto in un momento come questo, ancora costellato da incertezze, frenate, false ripartenze e bisogno di conferme, aiuterà a sentire ancora più forte quel senso di appartenenza che ogni “famiglia di danza” crea giorno dopo giorno, con un incessante lavoro quotidiano su se stessi e insieme agli altri. Perché, come piace spesso ripetere a Michele Leone, “La danza ci salva”.

Rosaria Carifano

Giornalista nonostante tutto, autrice per caso. Insegno danza e cerco cosa abbiano in comune un corvo e una scrivania.

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