Simona si è avvicinata più tardi al mondo della ceramica e ha deciso di sperimentare anche con essa. “Non mi piace quella classica” afferma sicura “Non è la brutta copia della ceramica di Vietri, io sperimento”. Ed è proprio quello che si legge su due sculture di legno e ceramica, una rappresenta “Maria la longa”, personaggio caratteristico della sua infanzia, l’altra è un serpente che si aggroviglia ad un tronco di albero animato. Gli oggetti in 3D sembrano voler parlare, ecco perché lei crea spesso fischietti particolari: è un modo geniale per dar loro voce. Ha un tocco preciso, creativo e per il legno rustico, rispettando la natura genuina delle nostre terre. Le creazioni sono pezzi di Simona, del suo carattere, del suo modo di essere. Il toro in terracotta muggisce alla luna, i paperotti in ceramica aspettano impazienti nel loro nido di paglia, la balena è pronta per una nuova avventura marina, il piccolo zoo vive.
Creare è stupire. Ed è proprio quello che è riuscita a fare per ben due anni consecutivi nella competizione internazionale “Fornaci Brancaterra S’infammia” a Carife vincendo due volte il primo premio. L’anno scorso grazie ad un reperto archeologico ritrovato e riadattato ad anfora con un manico speciale: è rappresentata la dea Mefite. Simona ha usato l’argilla Raku. Si tratta di una tecnica di costruzione importata dal Giappone per fabbricare ciotole per la cerimonia del tè. È un procedimento complesso che l’occidente ha adottato con qualche dovuta modifica. L’argilla adatta a questo tipi di lavorazione è una terra ricca di materiale refrattario (allumina e silice) che resiste alle tensioni create durante la riduzione, quando l’oggetto, in pochissimi secondi, subisce uno shock termico passando da 1000 gradi di un forno a gas a temperatura ambiente. Altra particolarità è che il forno è “fai da te”. Non esiste in commercio, bisogna crearlo usando bidoni di lamiera o di acciaio e decidendo il foro di uscita e di ingresso dell’aria a piacimento.