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L’Ema vuole riaprire, Simeone (Uil): ‘No senza test rapidi a tutti’

Si avvicina la videoconferenza sulla riapertura della Ema di Morra De Sanctis tra sindaci, azienda e sindacati. L’appuntamento è per domani, lunedì 6 aprile alle ore 12, e sarà la Prefettura a gestire il tavolo virtuale sollecitato dalla fasce tricolori dopo che proprio l’Ufficio di Governo aveva autorizzato la fabbrica a riaprire i cancelli per riprendere le attività.

Anche il segretario Uil Avellino Benevento, Gigi Simeone, interviene nella vicenda con una proposta. “Noi facciamo a meno di mettere 700 persone a lavorare, senza test rapidi e con il rischioAdesso a quattro settimane dal blocco delle attività, guardando i tanti in prima linea nei servizi, nella sanità, nel commercio e delle attivata di sicurezza, che ci consentono di continuare ad avere una prospettiva mettendo a rischio la propria vita esposti e talvolta disarmati come sono, siamo se possibile nella fase più delicata, per difficoltà diverse ma ugualmente insostenibili per tutti, che però sembrano non essere valutate oggettivamente e diverse come sono da quelle che abbiamo conosciute, con il rischio di vanificare anche ciò che fino ad ora è stato fatto”, scrive.

“Difficoltà diffuse e diverse, sia per la mancanza di reddito che riguarda quelli che un lavoro lo avevano e che non possono lavorare, per quelli che un lavoro lo avevano e non regolare ma che comunque avevano un reddito e che sono praticamente invisibili, come sempre, poi c’è il mondo di chi coperto dalle misure d’un sostegno al reddito farebbe a meno di riprendere le attività sospese, ma che sulla base di non si capisce quali emergenze e determinazioni di attività “essenziali” vengono chiamati a riprendere le attività con il rischio di essere potenzialmente nocivi per se stessi e per il resto della comunità lavorativa e familiare – continua Simeone -. In questi giorni difficili, abbiamo provato anche in sede di confronto in Prefetture a far capire che non siamo contro la ripresa delle attività, ma vorremmo che il faro fosse la ineludibile ripresa a favore del bene comune, che in questo istante storico, non è il reddito di impresa, ne il mercato che non aspetta, e nemmeno la piena retribuzione, bensì la sicurezza per se stessi e per gli altri. In un momento di sospensione anche delle libertà individuali, se non si è indispensabili per fornire servizi ed attività di pubblico interesse, non è corretto e forse nemmeno onesto provare a far passare il messaggio se non si riparte sono a rischio posti di lavoro”.
“I paradigmi con cui abbiamo affrontato il confronto e talvolta il scontro tra aziende e lavoratori, tra capitale e lavoro sono stati stralciati da un nemico invisibile, che ha messo a nudo tutti i limiti dei singoli interessi, qualunque essi siano stati, fino a metterli abbondantemente in secondo piano rispetto a quelli generali. Un concetto con cui ci siamo confrontati tutti, con solerti dissertazioni che non hanno quasi mai visto trasformazioni e implementazioni nella realtà, perché traditi per interessi di parte e parziali. L’intervento dello stato non potrà essere a tempo, il capitale da solo non giustifica l’inserimento del profitto in ogni settore ed attività, a tutti gli Italiani oggi più che mai interessano una sanità pubblica, trasporti pubblici efficienti, una welfare vero universale e ogni iniziativa imprenditoriale deve fare necessariamente i conti, con il trasformato mondo che non può sottostare alle logiche che ci hanno consegnato un Paese diviso, diverso e debole, per uscire tutti da questa pandemia bisogna rivisitate per tempo il metodo d relazione, coscienti che distribuzione della ricchezza e del capitale sarà soggetta a logiche diverse e che ancora non abbiamo conosciute, ma non per questo ci devono spaventare e dividere”.
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