Non si calmano le acque per il Liceo “Mancini”, l’edificio di via De Conciliis chiuso, per motivi di sicurezza, dal 3 novembre scorso. I circa 1200 studenti, dopo settimane di proteste e scioperi, in particolare davanti la Provincia di Avellino, stanno seguendo le lezioni negli orari pomeridiani. Ma molti di loro, oltre 200, hanno preferito chiedere il nullaosta per cambiare istituto. Non poche le difficoltà, infatti, per chi viaggia ed è costretto a trascorrere quasi una intera giornata fuori casa per seguire le lezioni di pomeriggio.
Con classi distribuite in diversi istituti del capoluogo, la maggior parte concentrate nel Campus di via Morelli e Silvati. Una soluzione, quella dei doppi turni, che dovrebbe essere solo temporanea. Si attende il nuovo anno per tornare a scuola di mattina. A febbraio, infatti, è previsto il rientro delle normali attività. Ma un nuovo ostacolo rischia di far saltare il piano organizzativo pensato da Palazzo Caracciolo. La scuola media Solimena, che fino ad ora aveva messo a disposizione 9 aule, non può più ospitare i ragazzi dello Scientifico. Spazi non sufficienti, poche vie di fuga e un numero eccessivo di studenti. Questi i motivi del cambiamento. Oltre alle porte, troppo piccole e quindi non adeguate al passaggio dei ragazzi, in questo caso delle superiori, in situazioni di emergenza. Così la preside del Mancini, Nicolina Silvana Agnes, in attesa di individuare nuovi spazi, probabilmente presso il nuovo padiglione del Liceo Classico “P. Colletta” e l’Ipia “Amatucci”, è impegnata nel rifacimento dei turni.
Un nuovo problema che il sindaco Paolo Foti aveva preannunciato al momento dei sopralluoghi che hanno interessato la Solimena. Il primo cittadino, qualche settimana dopo la chiusura del Mancini, aveva anche avanzato la proposta, abbandonata poi una settimana fa dopo il parere negativo del Genio civile e della Regione Campania, dei prefabbricati. Strutture da allestire in uno spazio da individuare, per accogliere non solo gli studenti del Mancini, ma eventualmente anche quelli provenienti da altre scuole che presentano carenze strutturali. E nel capoluogo non sono poche.
Dopo circa 3 settimane di stop alle lezioni, dopo il ritorno in classe ma solo di pomeriggio e dopo proposte che non hanno portato ancora ad una soluzione definitiva, l’unica cosa certa è che gli studenti del Mancini, i loro genitori, i professori e la stessa preside, che ha dichiarato di essere dispiaciuta per non essere ancora riuscita a rispondere alle esigenze dei suoi ragazzi, restano vittime della lenta e complicata burocrazia degli organi competenti. E di una provincia che continua a penalizzare i giovani.