E’ scampata anche alla sforbiciata del Governo operata nel Def, che proprio in questi giorni ha individuato – dimezzandole – le grandi opere prioritarie per il Paese. L’Alta Capacità Napoli-Bari è oggi l’infrastruttura di maggior interesse per la provincia di Avellino, su cui a Roma oltre che a livello locale, si è deciso di puntare per rendere più efficienti e moderni i collegamenti tra Tirreno e Adriatico, tra i porti di Napoli e Bari. Sulla linea ferroviaria TAC, tecnicamente ad alta capacità, si è ragionato per lungo tempo: ora finalmente, sotto l’impulso del governo Renzi, qualcosa si è mosso. Perlomeno si è iniziato a parlare di date: ottobre 2015, quella in cui i cantieri saranno operativi, stando alle dichiarazioni del sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro e alle rassicurazioni del commissario Mario Elia; 2016, l’anno individuato per l’avvio delle opere definitive. Completamento dei lavori? Nel decennio 2020-30.
Dall’Ufita all’Alta Irpinia, lungo la Lioni-Grottaminarda. Asse viario che dovrebbe abbattere i tempi di percorrenza tra le due aree orientali della provincia e creare un tutt’uno con la Fondo Valle Sele e quindi la A3 SA-RC, permettendo a merci e persone di raggiungere, dalla A16 NA-BA e dalla futura stazione Hirpinia, un altro nodo del traffico intermodale, il porto di Salerno. Finanziati solo i primi due tratti, da Grottaminarda a Villamaina San Teodoro, di Lioni-Grotta si ragiona dagli anni ’80. Fine dei lavori prevista il 31 dicembre 2014, in realtà non sarà ultimata prima del 2021. E’ necessaria, manco a dirlo. Passano i decenni e la viabilità tra Alta Irpinia e Valle Ufita piuttosto peggiora per usura.
Infine, la galleria di adduzione idrica Pavoncelli bis. E’ questa la terza grande opera che interessa e interesserà l’Irpinia negli prossimi anni, sostituirà la vecchia Pavoncelli, realizzata nel 1900, danneggiata dal sisma dell’ ‘80 e oggi a rischio cedimenti. Fine dei lavori: dicembre 2016, inaugurazione prevista gennaio 2017. Porterà l’acqua irpina a una popolazione di 1 milione e 300mila abitanti, per un investimento di 160 milioni di euro e polemiche a cascata. Come quelle relative agli inadeguati ristori previsti per i comuni irpini per la loro generosità verso i vicini pugliesi e lucani, o quelle sulla copertura del pozzo in località Saure che andrebbe a sfregiare il centro storico di Caposele.
Tre grandi opere e un unico ideale fil rouge: lo sviluppo. Nè l’Alta Capacità Napoli-Bari, né la Lioni-Grottaminarda saranno percorse domani mattina da treni/auto, uomini e merci. Opere di tale portata richiedono tempo, e la burocrazia ci mette il carico. Intanto però l’Irpinia non può permettersi di restare a guardare. Avremo tra una decina di anni un’arteria stradale, la Lioni-Grotta, che funge da cerniera ideale delle aree interne non solo campane, ma anche pugliesi e molisane. Ma cosa ce ne faremo se nel frattempo il poco tra industrie e imprese che sopravvive, sarà morto? Avremo anche una costruzione di grande impatto, un’opera di ingegneria idraulica notevole, ma sapremo farne una fonte di ricchezza per i territori? O sarà l’ennesimo smacco subito dalle popolazioni locali per l’inadeguatezza della classe dirigente irpina?
Per finire, se ci aspettassimo dalla Napoli-Bari ferroviaria la panacea di tutti i mali della nostra economia saremmo completamente fuori tracciato. Non saranno le aziende locali ad aggiudicarsi le gare per la sua realizzazione – a detta gli stessi imprenditori del settore – , forse riusciranno a lavorare in subappalto, la ricaduta occupazionale nell’edilizia non sarà così evidente, e soprattutto un’opera del genere richiede un investimento di idee che chiama addetti ai lavori e non, politica e sindacati, a ragionare seriamente su cosa costruire attorno a essa. Avremo la fermata nella stazione Hirpinia, avremo otto comuni toccati dalla tratta Apice-Orsara, avremo speso (come Paese) oltre 7miliardi di euro, dei quali circa 2,6 per il solo tratto che interessa la nostra provincia. Saremo però in grado di farci trovare pronti? Di ragionare strategicamente e trasformare rotaie in un reale strumento di sviluppo? Non basta più invocare la connessione a quella che era l’idea del Corridoio paneuropeo VIII (Durazzo-Varna), dovremmo chiederci quali merci far circolare verso l’Est europeo e cosa trattenere in loco, di capire verso quale direzione di progresso vogliamo viaggiare e a che velocità andare. Oggi camminiamo a passo d’uomo, piuttosto che sfrecciare: colpa dei tempi lunghi delle grandi opere italiane e dello sguardo (spesso) corto degli irpini.
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