L’Irpinia non è terra per il Cinema: limiti e prospettive

L’esclusione dell’Irpinia dal portale “Italy for movies”, ossia dalla proposta e offerta sotto forma di catalogo di location italiane che si prestino a produzioni cinematografiche su tutto o quasi il territorio nazionale, risuona in Irpinia solo per il silenzio e il vuoto che ci lascia, per la pagina bianca a noi dedicata.

A questo punto è lecito porsi la domanda, peraltro già formulata da Paola Liloia: perché dell’Irpinia nel portale non c’è traccia? Proviamo a cercare e dare delle risposte, a comprendere i motivi dell’esclusione, gli elementi che sono venuti meno a differenze delle altre province della Campania.

La nostra si presenta con le vesti antiche e quasi desuete di una terra rurale, contadina, quasi primitiva, un vestito che il cinema contemporaneo delle grandi produzioni ha deposto da un po’, un cinema che sta virando sempre più su generi che si stagliano su città metropolitane post-moderne, o su luoghi comunque dove il genere fantasy o apocalittico si presta decisamente meglio  (vengono in mente l’Islanda o La nuova Zelanda per il Trono di spade o Il signore degli anelli). Sono tendenze del nostro tempo, dove comunque gli altri generi prediligono come palcoscenici scenografici i grandi centri: lì gli eventi magari sono accaduti per davvero e per questo lì ritroviamo già lo stesso posto, quello che serve. C’è il fascino indiscutibile delle grandi città, dove è più facile e comodo girare, per le strutture che nel tempo le città hanno saputo e dovuto realizzare. Premessa questa tendenza del cinema odierno, il cinema abbraccia tempi, luoghi ed eventi comunque variegati: il regista in teoria può voler raccontare ogni cosa, in ogni luogo.

Il cinema, ma c’è anche un discorso sull’industria della fiction italiana. Paesi come Gubbio, con Don Matteo, o Città della Pieve con Carabinieri, erano già celebri per le loro bellezze storiche e architettoniche. Con la tv hanno fatto un ulteriore salto in avanti in termini di visibilità. E una buona visibilità hanno avuto i nostri vicini lucani con il film Basilicata Coast to Coast.

L’Irpinia non è Roma o Venezia, non ha Dolomiti o porti sul mare. E non ha nemmeno l’appeal dell’Umbria evidentemente. La sua peculiarità risiederebbe proprio nelle proprietà che le mancano, nella assenza e quindi presenza, in tutto quello che il cinema non riesce a vedere e rappresentare. Sono le verdi vallate, i colli che di là le sovrastano, sono i borghi e i castelli che sussurrano storie antiche e leggende incredibili, sono i luoghi del sacrificio e del sudore del lavoro, della natura e della sua bontà di concedersi in varie forme e sapori, la terra e le radici dove il neorealismo già attinse, vedi Cairano con La Donnaccia.

Tuttavia non si riescono ad attrarre nemmeno quelle produzioni teoricamente in grado di trovare terreno fertile da queste parti. Prendiamo un film come La ragazza del lago, protagonista Toni Servillo. Un giallo di provincia – foto di copertina – in cui diventa protagonista anche il Friuli, un po’ come in Twin Peaks si ritagliano quel ruolo alberi e boschi.

Allora cosa serve per attirare? E’ la mancanza di proposta, di offerta, di visibilità, di strutture, di sinergie? Sì, questo e probabilmente tanto altro, perché qualche volta da qui il cinema è passato, e qui si è trovato anche bene.

Abbiamo allora provato a chiedere qualche considerazione a margine di questa mancata presenza dell’Irpinia nel catalogo “Italy for movies” che si offre al cinema, e l’abbiamo chiesto all’assessore alle politiche culturali, della pubblica istruzione e delle politiche giovanili della città di Avellino, Bruno Gambardella, che sulla questione interviene così: “L’Irpinia vanta un legame antico con la settima arte e film come Montevergine di Campogalliani, Il maestro di Don Giovanni di Krims e La donnaccia di Siano ne danno prova. Il limite oggi forse sta nella mancanza di una vera e propria sinergia tra gli enti locali, l’associazionismo e la Film Commission Regione Campania. Non va dimenticato però che in Irpinia non sono affatto poche le location private, una tra tutte, il castello Lancellotti di Lauro, per cui non è facile fare sistema se i proprietari si oppongono all’impiego delle proprie residenze come set cinematografici. La recente acquisizione da parte del Comune di Avellino dell’ex cinema Eliseo, destinato a diventare la Casa della cultura cinematografica, potrebbe segnare un punto di svolta. Riportare l’attenzione su questo mondo, ravvivare interesse ed entusiasmo, fare dell’ex Gil non solo la casa del Festival Internazionale del Cinema Laceno d’oro (evento già molto significativo), ma il cuore pulsante di una nuova creatività nell’arte del Cinema è un mio desiderio e a questo lavorerò fino all’ultimo giorno del mio mandato. Anche i privati però non sono sempre propensi ad aiutare, una decina di anni fa è stato proposito al principe Lancellotti di girare al castello una serie tv sullo stile di Elisa di Rivombrosa: nonostante l’offerta economica più che allettante don Pietro ha detto no. Pensi a che ricaduta per quel territorio… Ci sarebbe grande vitalità ad Avellino e in Irpinia, bisogna solo mettere in rete antico e nuovo”.

Alejandro Di Giovanni

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