Quello sullo sfruttamento della prostituzione in provincia di Avellino è un dato che colpisce. L’Irpinia si colloca addirittura nelle prime dieci province per l’incidenza del reato in rapporto alla popolazione, secondo l’ultima indagine sulla qualità della vita pubblicata da Italia Oggi. Numeri, è bene chiarirlo, che in generale parlano di un’Irpinia sostanzialmente tranquilla sul fronte criminalità: trentesimo posto su centodieci. La provincia più sicura del Sud è Benevento. Nella classifica il Sannio sfiora l’ingresso nella top ten delle meno esposte a fenomeni criminali. Probabilmente anche perché certi territori – non ricchi e scarsamente abitati – risultano meno appetibili per le organizzazioni malavitose.
Il dato sullo sfruttamento della prostituzione fa riflettere, dicevamo, sebbene le fotografie fornite dalle cifre siano abbastanza elastiche quando parliamo di determinati reati (come gli omicidi) e di piccoli contesti sociali. Detto in altri termini, pochi episodi fanno balzare facilmente in avanti o indietro una provincia.
E’ bastato però un rapido sguardo alle ultime operazioni delle forze dell’ordine per mettere a fuoco il fenomeno. Lo sfruttamento in provincia di Avellino avviene solitamente in appartamenti privati della città e del suo hinterland. Case chiuse, a luci rosse. A prostituirsi sono donne, che provengono principalmente dai Paesi del Centro America: domenicane soprattutto. Ma anche cinesi. Poi si è assistito a casi che speriamo siano isolati. Di recente ha fatto notizia, e suscitato sconcerto, il giro di baby squillo messo in piedi in un circolo avellinese in pieno centro. In tre, secondo i primi accertamenti, adescavano ragazze e ragazzi che marinavano la scuola per beneficiare dei loro favori sessuali e, nel caso del titolare, per venderne prestazioni ad altri.
Limitato, per non dire inesistente, il fenomeno della prostituzione su strada: solo in rarissimi casi si incontrano ragazze che battono on the road, perlopiù nei punti di accesso al capoluogo. Su Ofantina e dintorni la loro presenza non è neppure contemplata. A differenza di altri luoghi della Campania non si ha a che fare nemmeno con ragazze tenute sotto controllo dalle mafie dell’Est Europa o nigeriane. L’assenza di queste dinamiche si traduce, per la nostra zona, nel fatto che i casi di riduzione in schiavitù siano stati rarissimi. Ma ciò non può far abbassare l’allarme su un reato, e parliamo dello sfruttamento, che comunque caratterizza in negativo la provincia.
Andrea Morniroli è il presidente dell’associazione Dedalus, che a Napoli e hinterland si occupa di aiutare le donne anche con operatori di strada. Gli abbiamo chiesto un commento sulle peculiarità delle aree interne della regione. “Il contesto irpino è stato finora poco attenzionato – ammette -. Ma a giorni partirà il progetto Fuori Tratta di cui noi siamo i promotori e che ci darà la possibilità di conoscere e acquisire dati anche sulla realtà di una provincia che, diversamente da Napoli o dall’area costiera, è solitamente meno citata negli studi e curata”.
Fare però qualche osservazione è comunque possibile, soprattutto per chi da anni si occupa del fenomeno della tratta e di prostituzione. L’essenziale è invisibile agli occhi, scriveva Saint-Exupéry. In questo caso a essere invisibile è ciò che è sconveniente e riprovevole. “Il contesto piccolo, la doppia morale e il bigottismo sicuramente influenzano il fenomeno spostandolo dalla strada a luoghi chiusi. È tipico dei contesti provinciali, ma il fatto che non vediamo la prostituzione per strada non significa che essa non sia radicata”, spiega Morniroli.
Entrando nel vivo della questione, “l’incidenza dei reati per prostituzione in Irpinia può dipendere da due fattori. Dalla presenza di prostitute che si organizzano in modo autonomo e indoor, in forma ‘artigianale’. Il web e i social hanno aumentato la gamma delle opportunità a disposizione per chi vende il proprio corpo e chi acquista prestazioni sessuali. E da un buon controllo del territorio che spinge ulteriormente su questo fenomeno. Noi siamo contrari a un eventuale inasprimento delle pene per prostituzione in strada perché sposterebbe ulteriormente il problema al chiuso. Per noi associazioni diventerebbe davvero difficile raggiungere chi si prostituisce e aiutare”, aggiunge l’esperto che avverte: “Non va sottovalutata infine la presenza crescente sul territorio campano di nigeriane che sono vittime di tratta e che restano ulteriormente vittime di un sistema di prima accoglienza con Cas che non è sano. Io credo che nei prossimi mesi anche nella provincia di Avellino questo si verificherà di più e potrebbe anche aumentare il numero di casi di prostituzione in strada”.