E allo Sponz Fest arrivò al rock. Così, all’improvviso. La stazione di Calitri non era un paese per feste di paese, giovedì sera. C’è questo tipetto strano che arriva dal Tennessee ma che è cresciuto in maniera tormentata nel Texas. Prima di lui Vinicio Capossela aveva letto la polvere e il grano da “Furore” di John Steinbeck. Più tardi il tipetto strano, Micah P. Hinson, ci aggiungerà l’urlo faulkneriano tra una ballata, una birra e almeno cinque sigarette rigorosamente con bocchino per non bruciarsi le dita. Eccolo, così entra e così esce. Accompagnato da due musicisti italiani. Il bassista lucano e un possente batterista che suona con lui per la prima volta. Due piatti in tutto. Una chitarra, un basso fretless. E la voce di Hinson iper-effettata che diventa se possibile più roca. Scende nell’abisso questa voce maledetta.
E’ una voce cresciuta nelle terre di Johnny Cash ed Elvis Presley, che però si è cibata di Nirvana e Cure. Così è più di un’ora di ballate tra paranoia e psichedelia, dolcezza e tormento. Gli arpeggi imperfetti per l’umidità, un graffio sulle corde vocali. Le note che non si incastrano, le dissonanze che in parte toccano i Sonic Youth e lasciano di stucco chi si aspettava un folk singer, che magari proponesse una Franceschina la calitrana in versione Texana. Ascolto poco digeribile per molti, per altri un’esibizione che porta allo Sponz un nuovo vestito; quello più cupo e polveroso. Ma è un vestito che andava indossato per proporsi come Festival totale. Capossela l’aveva solo ascoltato, il tipetto strano. Ma spesso nella musica basta questo per il feeling artistico. A volte ci sono pochi filtri e Hinson è come lo vedi. Maledetto, loser. Ci è piaciuto e sarà sullo stesso palco di Gianni Morandi sabato sera a Calitri…