Non solo Aglianico: l’Irpinia nascosta delle birre

Fresca la notizia del titolo di miglior vino rosso d’Italia conferito alla Cantina Caggiano di Taurasi. Ormai l’Irpinia è terra di grandi vini anche per i non addetti ai lavori. Tre docg riconosciute e apprezzate a livello nazionale e internazionale. L’Irpinia non è solo Aglianico, Fiano, Greco o Taurasi.

L’Irpinia è anche terra di birre, ma in pochi lo sanno. Certo è che la Campania è ancora dietro le regioni settentrionali (Veneto, Piemonte e Lombardia in primis) per produzione brassicola, come lo è senz’altro tutto il Sud Italia. Un mercato, quello della birra artigianale in particolar modo, in forte ascesa negli ultimi anni che vede raddoppiare il numero di micro-birrifici presenti sul territorio nazionale nell’ultimo lustro. Ad oggi se ne contano più di ottocento. Dicevamo la Campania: ancora dietro gli standard sia per fatturato sia per numero di brasserie che per conoscenza dell’argomento da parte dei consumatori.

Altrove il fenomeno “birra artigianale” sta prendendo sempre più piede nelle abitudini di questi ultimi, che abbandonano il consumo di quella industriale per darsi a una bevanda molto più complessa dal punto di vista organolettico. Difatti, se tutti siamo abituati a pensare che la birra sia solo da bere ghiacciata, che sia solo chiara, che gonfi solo la pancia, che sia solo per muratori, che serva solo ad accompagnare la pizza, che una bionda sia per sempre e così via discorrendo, beh è chiaro che l’approccio a questa nobilissima bevanda risulti assai sbagliato e fuorviante. Tutti luoghi comuni che appartengono a chi crede che esista una sola “birra”. Basta citare lo slogan di Kuaska – al secolo Lorenzo Dabove, guru della birra artigianale – La birra non esiste, esistono le birre, per capire che esiste un mondo assai sconfinato e complesso, anche più di quello del vino, in cui una volta entrati sarà difficile venirne fuori. Difficile perché il consumo di birra artigianale è assai contagioso e dà assuefazione.

Dunque, non esiste la birra ma le birre, tantissimi gli stili birrari a cui corrispondono altrettanti aromi, sapori, colori, gradi alcolici e tradizioni, tutti bene o male diversi da loro. Birre che vanno bevute in bicchieri e a temperature diversi, birre chiare e birre molto scure, birre rifermentate in bottiglia senza l’aggiunta di gas che gonfiano la pancia, birre per tutti, per i neofiti e per navigati degustatori, birre da accompagnare al dolce, birre da accompagnare al sigaro, birre di malto d’orzo ma anche birre prodotte con i più svariati ingredienti, inglesi, belghe, tedesche, americane, francesi, scozzesi ma anche italiane. Quello italiano uno stile da poco riconosciuto nelle linee Guida 2015 (seppur in appendice come italian grape ale) dal BJCP ( acronimo di Beer Judge Certification Program), organizzazione no-profit costituita nel 1985 per promuovere l’alfabetizzazione e l’apprezzamento della vera birra. L’italian grape ale è uno stile birrario che delinea quelle produzioni fatte con uva o mosto d’uva in aggiunta al mosto d’orzo. Un possibile trait d’union tra il mondo del vino e quello della birra, tra enofili e birrofili. Molti i birrifici che producono birre di questo stile, anche nel Meridione, come il campano Birrificio Sorrento o il pugliese Birranova, rispettivamente con mosto di uve di Furore e con vinacce di Moscato e Minutolo, come emerge da un recente articolo di Cronache di Birra, il sito di riferimento di ogni appassionato. In Irpinia ancora non si è tentato questo ibrido, che magari con mosto di Fiano o di Coda di Volpe, potrebbe dare ottimi risultati.

Altro punto d’incontro tra vino e birra è l’affinamento di alcune di queste ultime in barrique di secondo o terzo passaggio del primo. Numerosissime le produzioni brassicole che prevedono la stagionatura di particolari birre in botti di whisky o di rum, ma anche di vini pregiati. Ricercata e apprezzata la produzione di alcuni rinomati birrifici artigianali del nord Italia, prima tra tutti Baladin di Teo Musso – mastro birraio pioniere in Italia che una ventina di anni fa ha messo su il suo birrificio, divenuto due anni fa “agricolo” – tanto da creare una linea pregiata delle sue birre, la “Cantina – Riserva Teo Musso”.


Immagino stiate già pensando ad una birra invecchiata in botti di Taurasi. O forse uno dei birrifici irpini lo ha già in programma?

Il panorama irpino è abbastanza giovane, ma nonostante ciò è molto in fermento, con alcuni birrifici già affermati, altri neonati, una beerfirm e un’associazione di homebrewers molto attiva.

Procedendo con ordine, è il 2010 quando Stefano Doria e soci fondano il Birrificio Irpino a Manocalzati: “nella terra del vino adesso è arrivata la birra”, come si legge ancora oggi sul loro sito. Cinque anni di produzione, diverse decine di migliaia di litri prodotti all’anno in tre stili diversi (english pale ale/bitter, golden ale e belgian strong ale). Da qualche anno si è trasferito ad Avellino, dove ha anche aperto il locale “B-mode”, un ritrovo molto gettonato dagli avellinesi.

E’ il 2012 anno di apertura a Monteverde del Birrificio Serro Croce del giovane agronomo e mastro birraio Vito Pagnotta, che riprende la tradizione dell’azienda di famiglia di produzione e trasformazione dei propri cereali locali, iniziando a produrre birra, quindi, da filiera agricola corta. Azienda premiata con l’Oscar Green della Coldiretti qualche anno fa, ha guadagnato una buona fetta di mercato collocando le sue birre (due golden ale e un’american amber ale) nel settore dell’alta ristorazione.

L’anno è il medesimo e ad Ariano Irpino nasce il birrificio artigianale “Giorgia”, unico brewpub della provincia, un luogo dove è possibile mangiare e soprattutto bere le birre prodotte all’interno del locale stesso. Quattro gli stili, sia a bassa che ad alta fermentazione, che spaziano dalle helles fino ad arrivare alle imperial stout.

Nel 2013 parte l’avventura anche di Alessio Manzo, giovanissimo mastro birraio, e Gaetano Pellecchia, affermato professionista, che ad Avella fondano il Birrificio Lievito & Nuvole. Tre gli stili prodotti, tutti e tre molto interessanti (stile tipo pils, belgian strong ale e american pale ale), in cui si evince il personalissimo tocco di Alessio, volto ad una luppolatura molto elegante e fine. Prodotta anche una rauchbier, birra affumicata tipica della città tedesca Bamberga; forse è stata l’unica in Campania finora.

Luglio 2014: a Montella, Jessica Malerba, figlia di Salvatore, uno dei più importanti imprenditori castanicoli irpini, decide di allargare la gamma dei prodotti tradizionali dell’azienda di famiglia, introducendo la birra alla castagna. E non una castagna qualsiasi, bensì quella locale, quella I.G.P. di Montella. Chissà se con la rinomata castagna del prete non realizzi una birra di tipo smoked porter!

Dai Picentini al Partenio il passo è breve. La castagna questa volta è quella delle pendici del massiccio di Mamma Schiavona. Lo scorso anno a Cervinara un gruppo di homebrewer, termine che designa chi si fa la birra da solo in casa, capeggiato da Raffaele Carofano, poi divenuto mastro birraio, fonda Birra Donjon, nel Borgo Castello. Ben radicata è l’appartenenza al proprio territorio, tanto che nel proprio logo scelgono lo stemma di un vecchio portale di Cervinara, ma soprattutto decidono di produrre una birra alle castagne del Partenio, oltre ad altri stili (pils, apa, blond ale e tripel).

C’è poi chi un birrificio non l’ha aperto ma è una beerfirm, un’azienda che “prende in affitto” gli impianti altrui per produrre birra a proprio marchio e con propria ricetta. Seppur oggi con la produzione sospesa, Alter Ego è da decenni un faro del settore in provincia. Il birraio è Marco Maietta, con buona esperienza alle spalle, ma soprattutto colui che trasmette quotidianamente qui in Irpinia, ma anche fuori, la sua passione a chi non la conosce per nulla. Probabilmente vi starete chiedendo come.

Con l’associazione “Birrando si impara”, un’associazione culturale di appassionati e brassicoli casalinghi, atta alla divulgazione culturale delle tecniche di birrificazione casalinga e del bere consapevolmente, oggi presieduta da Fabio Tropeano, organizza con una certa cadenza periodica diversi appuntamenti di sensibilizzazione e avvicinamento al mondo birraio. L’appuntamento più importante è il Concorso Internazionale per Homebrewer, quest’anno arrivato alla quinta edizione e che si svolge nel bel maniero di San Barbato a Manocalzati.

Come per il vino, la speranza è che anche questi già ottimi prodotti e le rispettive aziende possano vedersi riconoscere premi molto significativi come quelli di Birra dell’Anno, l’appuntamento più atteso da ogni mastro birraio e che si svolge a Rimini in febbraio durante Beer Attraction, la più importante manifestazione legata alla birra artigianale in Italia. Magari nelle categorie “23.birre alla castagna” e “26.birre con mosto d’uva”.

Francesco Cataldo

Factotum in cultura e turismo, web content editor e social media manager. Blogger, cuoco, beerhunter, homebrewer. Casalingo, aspirante precario.

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