Probabilmente la notizia principale che vien fuori dal Forum nazionale aree interne è che nessuno abbia il minimo dubbio: la strategia continuerà, con qualunque governo. Una macchina già avviata, con fondi già predisposti. Tra le aree beneficiarie c’è anche l’Alta Irpinia. Sono spunti che riguardano l’aspetto politico sui quali ritorneremo. Sulla strategia, sui suoi obiettivi, i suoi punti di forza, ha parlato Fabrizio Barca. L’ex ministro continua il suo impegno “da volontario” dopo essere stato alla guida della squadra nazionale.
Il suo intervento è anche una critica, durissima, verso alcune classi dirigenti sui territori. “Nei mesi scorsi tutti mi hanno detto che i progetti fossero una cosa inclusiva e innovativa. Ma mi hanno detto anche di andare al sodo, di mettere a disposizione i soldi perché questi venissero spesi. Niente – osserva Barca – certe classi dirigenti locali non si rassegnano. Persistono nella loro idea di essere intermediari dei vari fondi di sopravvivenza europei. Qualcuno poi pensava di gettare discredito sulla strategia…”.
Un piccolo inciso. Non è che uno voglia sempre e necessariamente parlare di Irpinia e del progetto pilota altirpino, però dalla sala convegni di Nusco non erano uscite parole dolci nei confronti dei “sociologi romani”
In ogni caso Barca va avanti. “Finalmente quella fase è alle spalle. Molte strategie sono state approvate. I mille sindaci rappresentano una popolazione limitata ma sono un presidio importante”. Poi ammette: “Sì, abbiamo fatto degli errori tra lo scetticismo e gli attacchi. Ma la strategia ha convinto molte persone. Abbiamo portato un nuovo metodo alle persone nei luoghi. Un vento di visione e concretezza la strategia”.
E centra uno dei problemi principali sullo sfondo. “La faglia tra città e campagna è la nuova faglia. Tutte le aree rurali dell’Occidente soffrono minacce al lavoro e ai diritti, la messa in discussione dei valori identitari. Una minaccia che morde i giovani. Ma queste minacce non sono sempre legate a fenomeni esterni. Derivano anche dal modo in cui cultura e politica hanno affrontato fenomeni (spopolamento, de-industrializzazone… ndr). Sulla faglia città-campagna – riflette Barca – hanno poi pesato ceti favorevoli alla globalizzazione. Supponenza verso le aree rurali, trattate come luoghi di intrattenimento o area di primitivismo, roba da tenerci perché ci fa comodo. Hanno pesato politiche disattente ai luoghi”.
Sì e quindi? “Bisogna legittimare la classe eletta ma destabilizzare il fatto che quella classe operi in modo vecchio. Ma neanche questo basta. Le regioni e in genere le autorità debbono piegare le loro azioni sull’Italia interna. Che non sono fiori dai territori ma soluzioni strategiche all’interno del paese. Io ci sono per continuare a dare il mio contributo da volontario”.