Riflettere su quei piccoli gesti che sembrano normali, ma che in realtà nascondono segnali di discriminazione e violenza. Partendo da quelli che sono gli stereotipi di genere, presenti nelle azioni che compiano ogni giorno spontaneamente, nelle trasmissioni che guardiamo in tv e in ogni gesto, anche quello che ai nostri occhi può apparire normalissimo. Da questa riflessione è nato lo spettacolo di teatro civile “Qualcosa non ha funzionato” del regista Massimiliano Foà, che ha spiegato: “Bisogna essere attenti a come si dicono le cose, bisogna trovare il modo meno ostile. Oggi vogliamo creare una sorta di onda che non deve fermarsi qui. Nello spettacolo vedrete scene nate da improvvisazioni e come in una carezza fatta in un certo modo c’è già una sorta di controllo sull’altra persona. Abbiamo raccolto i nomi delle donne uccise negli ultimi anni e segnato la loro età. Ci fa specie leggere 20, 25, anche 4 anni, ma ci fa specie vedere anche 93 anni. Da quanti anni era morta questa donna? È una perversione infinita”.
Un interrogativo che invita ad una presa di coscienza da parte di tutti. Ad un maggiore ascolto delle proprie emozioni e alla ricerca di una propria identità, affinché ci sia maggiore consapevolezza verso quelle dinamiche che sembrano comportamenti normali, ma che possono invece trasformarsi in violenza. Al Godot Art Bistrot di Avellino la compagnia teatrale Vernicefresca ha presentato lo spettacolo che andrà in scena nell’Auditorium del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino mercoledì 21 novembre, in tre repliche: due di mattina, alle 9:30 e alle 11:30, per le scuole secondarie di secondo grado, per coinvolgere e sensibilizzare sulle tematica della violenza di genere anche e soprattutto i ragazzi, e una in serata alle 20:30 aperta a tutti.
“Massima violenza, vita tranquilla e siamo tutti colpevoli. Sulla base di questi temi – ha spiegato Rossella Massari, presidente di Vernicefresca e attrice protagonista -, abbiamo sviluppato una serie di situazioni poi incastrate tra loro, per indagare e riflettere su quel piccolo seme di violenza nascosto in ognuno di noi”. L’altro attore protagonista, Nicola Mariconda, ha aggiunto “il compito degli interpreti è far propria quella violenza e manifestarla al pubblico, perché la potenza del teatro è proprio quella di lasciare storditi gli spettatori per un attimo che resta dentro per sempre”.
Diverse le testimonianze degli operatori che assistono ogni giorno le donne vittime di violenza. Tra queste anche le coordinatrici dei Centri antiviolenza di Avellino Alice e il bianconiglio e dell’Ambito sociale A02. 66 le richieste di aiuto e assistenza pervenute al primo nel 2018, e 30 le donne prese in carico dal CAV di Mercogliano. “Si, qualcosa non ha funzionato – ha dichiarato Giusy Pamela Valcalcer, coordinatrice del CAV Ambito A02, riprendendo il titolo dello spettacolo -. Perché c’è ancora confusione anche tra chi dovrebbe curare le donne che subiscono violenza e i minori vittime di violenza assistita. Da qui il nostro tentativo di costruire un protocollo comune in modo che tutti, operatori in primis, parlino la stessa lingua. Il nostro obiettivo verso le vittime di violenza è aiutarle ad autodeterminarsi senza dipendere”.
Caterina Sasso, coordinatrice del CAV Alice e il bianconiglio, ha aggiunto: “altre donne che hanno bisogno di aiuto sicuramente ci sono, ma non hanno la forza di contattarci. Sul territorio esiste già una rete con altri enti e associazioni e attraverso il progetto Be help-is finanziato dalla Fondazione con il Sud, abbiamo implementato i servizi, inserendo ad esempio l’orientamento nel mondo del lavoro”.
Nei CAV, così come nelle case rifugio, “ci sono donne di tutte le età e di ogni livello sociale – ha detto la psicologa Anna Montuori della casa rifugio “Antonella Russo” -, donne che scappano dalla loro casa senza prendere niente. Quindi la prima fase è l’accoglienza, insieme ai loro figli. Poi l’accompagnamento nell’iter legale, sociale e lavorativo, fino al completamento. Quando parliamo di violenza di genere non facciamo riferimento solo a quella fisica o sessuale, ma c’è tutto un mondo di violenza economica e sociale. Bisogna lavorare in rete con gli enti, portando avanti la linea della prevenzione e della sensibilizzazione”.