Referendum, il Sud tira la volata al NO

Affluenza nazionale altissima, quasi al 69%. Era già successo ma non di recente per un referendum. Per trovare percentuali simili infatti bisogna tornare indietro nel tempo di oltre un ventennio, al 1993 quando si votava tra le altre cose per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Una partecipazione al voto importante: i dati dell’affluenza evidenziano che dalla Toscana in su, a eccezione della Liguria, si è sfondata quota 70%, percentuali sotto il 60% solo in Campania, Calabria e Sicilia.
In ballo c’era la Costituzione, quella che noi che abbiamo studiato educazione civica a scuola sappiamo sin dall’infanzia essere la legge fondamentale dello Stato. Una Costituzione di cui mai si era parlato così tanto e così a lungo come negli ultimi mesi, e se un merito questa campagna elettorale spesso eccessiva nei toni e nei modi ha avuto, è proprio quello di aver stimolato la curiosità di molti nei confronti della nostra Carta costituzionale.
Certo, bisogna capire quanti si siano recati ai seggi con l’intenzione di dare una spallata a Renzi e al Governo e quanti invece perché realmente convinti di quello che rappresentava quella croce apposta sul Sì o sul No. Insomma la partecipazione non va necessariamente a braccetto con la consapevolezza, ma questa è un’altra storia. E a guardare bene le percentuali il timore non è poi così infondato.

Mentre scriviamo lo spoglio è ancora in corso, ma è evidente che il risultato restituisce in modo plastico la sommatoria del peso politico di chi sosteneva il NO. Un fronte composito e con visioni anche opposte sulle cose da fare, nel quale figurano tra gli altri il M5S (che si intesterà la vittoria), la Lega di Salvini, Forza Italia, Sinistra Italiana e l’Udc. Dall’altra parte il Partito Democratico, privo della minoranza interna più cespugli parlamentari, che viaggia nonostante tutto intorno al 40%. Una percentuale inequivocabile perché figlia di Renzi e a lui riconducibile, un bottino da cui ripartire, ma che fotografa l’incapacità del Premier di allargare il consenso attorno alla riforma e quindi a sé al di fuori del perimetro del suo PD andando a pescare nell’elettorato moderato.
Infine se è vero che il NO vince in quasi tutta la nazione, le urne certificano i timori della vigilia in casa PD. Esattamente come nel 1946, quando nel Mezzogiorno vinse la Monarchia, il Sud del Paese si dimostra più restio al cambiamento consegnando la vittoria agli antagonisti della Riforma con percentuali molto più ampie della media nazionale. Ma non si può ignorare che nella bocciatura del Sì dalla Campania in giù ha pesato un altro elemento: gli effetti del corso renziano hanno fatto qui più fatica a essere percepiti dai cittadini e non sono bastate le continue discese sui territori del Premier e dei suoi ministri o sottosegretari che hanno provato in tutti i modi a raccontare quanto era stato fatto o si stava facendo per il Mezzogiorno, ma non sono riusciti a rompere la cortina dello scetticismo.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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