Un sistema sanitario efficiente ma estremamente fragile in casi extra-ordinari. Il coronavirus ci ha messo a nudo, ricordandoci i posti di terapia intensiva limitati, i pronto soccorso da attrezzare. Lo ha ricordato anche qui in Irpinia, ancora non toccata in termini gravi dall’epidemia ma comunque a rischio. Dove un paziente sospetto può mandare in tilt un pronto soccorso o un intero reparto, dove una tenda pre-triage viene vista come un miracolo e la stessa tenda viene montata davanti a un ospedale ma non davanti all’altro.
Non è questa la sede per affrontare il tema generale dei tagli alla sanità, in questi giorni se ne stanno occupando varie testate a carattere nazionale. Ma qualche considerazione sul piano territoriale va fatta.
I presidi periferici restano. Sant’Angelo dei Lombardi per esempio. Restano e resistono. Si adeguano alle disposizioni. Il personale scarseggia, i reparti pure. La protesta del 12 ottobre 2010 a Napoli, a difesa dei nosocomi di Sant’Angelo e Bisaccia, resta l’ultimo grande moto dell’Alta Irpinia nella difesa dei suoi diritti. Dopo di allora soltanto parole tra addetti ai lavori: per tribunali, uffici, fabbriche e per tutto ciò che andava gradualmente a pezzi. Il corteo altirpino di quell’autunno – caldo, drammatico e allo stesso tempo meraviglioso sul piano sociale – assume oggi tutta la sua importanza, quando il coronavirus ci ricorda che si può tagliare su tutto ma non sulla salute. Che si può razionalizzare un sistema, quello sanitario, ma non falcidiare. Che nessun territorio può e deve restare scoperto.
Saranno anche considerazioni semplicistiche, d’accordo. Tuttavia in 10 anni abbiamo assistito alle sforbiciate del centrodestra campano e alla leziosità del centrosinistra. L’uno ha tagliato, l’altro ha posto i quadri e i fiori. Per onestà intellettuale si dovrebbe ricordare che prima dei tagli né il Criscuoli né il Di Guglielmo avevano reparti per affrontare ogni tipo di paziente, dall’infartuato al traumatizzato grave. Ma ad oggi anche l’emergenza-urgenza resta comunque una grossa incognita dopo il fallimento del trasporto elicotteristico.
Intanto a Roma una Strategia nazionale per le aree interne prevedeva pochi fondi. Si vantava di affidare libertà di scelta ai sindaci, ma in assenza di deroghe in materia sanitaria non si va da nessuna parte. Puoi mettere qualche gingillo tecnologico e un utile servizio per una popolazione anziana. E poco più.
Allora il coronavirus ci ricorda che, pur con tutti i limiti tecnici della richiesta, hanno fatto bene i sindaci a chiedere una terapia intensiva proprio a Sant’Angelo. Continuino l’opera dopo la fine dell’emergenza, solo così la lettera spedita alla Regione avrà un senso. Ma soprattutto chiedano senza timore e senza calcoli. Il coronavirus può offrire una possibilità a chi era rimasto senza sanità, paradossalmente.