Simeone (Uil): “Al Sud le infrastrutture non bastano”

DLuigi Simeone, Segretario Generale UIL Avellino Benevento 

 

Il ritardo programmato del Sud non si risolve con leggi ordinarie, ne con deboli iniziative mediate con i partiti che affondano palesemente le loro radici nel Nord del Paese. Con la desertificazione demografica, Avellino perde ogni anno 2500 residenti, con la migrazione di giovani e laureati ( ben 54000 in dieci anni dalla sola Campania). Questo  è il segnale che impone  una nuova visione del Sud del Paese, per non dover più e solo rivendicare investimenti per recuperare lo scandaloso Gap infrastrutturale determinato negli anni da una politica colpevole di non aver tutelato una parte del Paese nemmeno quando era autorevolmente rappresentata in Parlamento e al Governo.

Si tratta di prendere atto che la qualità della vita al Sud, e nelle aree interne ancora di più, sempre agli ultimi posti in tutte le rilevazioni statistiche, non può aspettare i tempi delle realizzazioni di grandi e piccole opere che quando completate potrebbero rivolgersi veramente al nulla e al deserto, una condizione drammatica che richiede, non solo la conferma delle opere già definite come Alta Capacità e Zes, ma urgenti e immediate misure che arrestino fughe di giovani, vecchi e bambini a cui non sono garantiti i Servizi indispensabili per una Comunità nel terzo millennio.

Il taglio, la qualità e sempre più spesso finanche l’azzeramento dell’offerta dei servizi con in testa trasporti, sanità, istruzione sono gli elementi che stanno spopolando questa parte d’ Italia, rendendo impossibile la vita nei piccoli centri letteralmente abbandonati e destinati alla chiusura e all’abbandono, con città capoluogo che non sono nelle condizioni sociali e ambientali tali da essere attrattive.

Nei paesi con meno di 5000 abitanti in Campania vive l’11% della popolazione  a fronte di percentuali superiori al 30% al NORD con punte che superano il 40% nel Nord Est  questo spaccato è frutto palesemente di accentramento di potere e di allocazione di risorse che si perpetua da 40 anni, e che ha visto diversi governi impegnarsi  per recuperarne lo scandalo, senza mai farne veramente una scelta strategica per l’economia dell’intero Paese.

L’emergenza nazionale si chiama Sud e nonostante le ossessioni di una parte del governo è così che va affrontata in Europa e nel Paese, si tratta di prendere atto che il Paese è diviso drammaticamente in due e più parti, e che c’è urgente bisogno che qualcuno si intesti questo dramma, con la adozione e soprattutto con la realizzazione di un Piano Speciale per il SUD dell’ Italia ed in esso delle Aree Interne.

Un Piano per il Sud,  che avvii le opere già definite, né completi quelle storicamente ferme, ma che nel mentre individui elementi economici di regolazione e determinazione dei livelli di servizio efficaci e sicuramente diversi da quanto richiesto  per altre condizioni di economiche  in altre parti del paese, assistendo chi un lavoro lo ha perso e sostenendo chi lo vuole riportare e mantenere .

I costi standard e le caratteristiche della sostenibilità economica dei servizi  pubblici, così come il sostegno alle imprese non possono essere calati indistintamente e ugualmente su un territorio che uguale non è, se si vuole far ripartire e ripopolare il Sud, garantire il vivere civile nelle Aree Interne, con servizi e lavoro, deve essere il primo obbiettivo per provare a parlare ad una parte del Paese che rivuole solo le sue occasioni, niente altro.

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