Referendum e ambiente, riforma costituzionale ed energia. Dietro il Sì o il NO alla modifica della Costituzione che gli italiani saranno chiamati a votare il prossimo 4 dicembre si celano varie motivazioni. Come quelle strettamente legate alla politica energetica da mettere in campo sui territori, a partire dall’Irpinia. Qui si discute da tempo di petrolio, di eolico selvaggio, di rifiuti con ondate cicliche di polemiche, assemblee, marce e prese di posizione. Tra i sostenitori irpini del Sì c’è Mario Pagliaro, ex responsabile provinciale Ambiente del Partito Democratico. L’architetto è stato uno dei protagonisti della battaglia referendaria dello scorso aprile, contrario a ipotesi di ricerche petrolifere tra Alta Irpinia e Valle Ufita, sebbene renziano convinto.
Pagliaro, il referendum costituzionale attribuisce allo Stato il potere di decidere su produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia. Per molti questa riforma potrebbe dare il LA definitivo a progetti di petrolizzazione della penisola e quindi dell’Irpinia, senza parlare di cosa potrebbe accadere con l’eolico. Perché lei vota Sì?
Voto Sì innanzitutto perché credo che, fatti salvi i principi fondamentali, nessuna legge sia immutabile e anche il nostro ordinamento deve rinnovarsi se con il mutare delle condizioni diventa incapace di garantire un governo efficace del Paese. La scommessa del federalismo (che portò alla modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, ndr) è evidentemente stata persa, anche e soprattutto in tema di tutela dell’ambiente. Io voterò Sì convintamente: è tempo di cambiare perché le comunità non sono state capaci di esprimere una politica e amministratori con una visione precisa. Sui territori troviamo politici interessati alla conservazione dello status quo, opportunismi, personalismi, incapacità di mediare.
Però lei era tra i No Triv pochi mesi fa, oggi vota in modo difforme da molti di loro.
Il problema petrolio in Irpinia nasceva dalla politica speculativa della Giunta Caldoro-De Mita cui si è sommata nel tempo la sciatteria dei sindaci. Ricordo ad esempio la famosa conferenza dei servizi del 2008 alla quale partecipò il solo Comune di Luogosano per opporsi alle trivellazioni. Chiara dimostrazione che i sindaci non hanno saputo in questi anni gestire le potenzialità dell’autonomia e, a questo punto, non vedo soluzione migliore che delegare le decisioni al ministero. Io da No Triv mi sento più tutelato sapendo che ho un interlocutore preciso e definito, e paradossalmente la centralizzazione della decisione dà certezza alla mia azione di opposizione. Questa riforma ci consentirà di individuare di chi è la responsabilità dal dissesto ai rifiuti alle rinnovabili, senza scaricabarili e senza che gli sforzi si disperdano contro mille muri di gomma. Attualmente la Reggia di Caserta è il bene culturale meglio gestito in Campania: il suo direttore Mauro Felicori è stato nominato dal Governo. Se avesse fallito, oggi sapremmo a chi attribuire responsabilità oggettive. Ma voto sì anche per un altro motivo…
Prego.
I sostenitori del NO a prescindere dimenticano di citare per intero l’articolo 117 della Costituzione che accentra i poteri sull’energia, ma lascia alle Regioni la potestà legislativa sulla pianificazione ambientale. Attualmente la Campania è in attesa del PEAR, il piano energetico ambientale. Fu avviato dalla Giunta Bassolino, ma poi non se ne fece più nulla. A breve dovrebbe essere redatto. Se avessimo avuto un Pear non staremmo parlando di eolico selvaggio. Allo stesso tempo, se i Comuni avessero adottato i PEC (piani energetici comunali), non parleremmo oggi di eolico selvaggio o non avremmo corso il rischio trivelle. Quanti sindaci lo hanno approvato? Quanti Comuni hanno saputo fare rete in questi anni? Io ho sempre sostenuto che l’accumulatore di Flumeri fosse necessario per frenare il proliferare delle pale eoliche. Per capirlo però bisognerebbe ragionare in rete tra paesi, altro che Progetto Pilota e aree vaste… La Riforma Boschi restituisce alle Regioni potere di programmazione, solo così forse recupereremo una visione. Un politico che si mette a capo di una marcia popolare e cavalca i populismi per me ha fallito, così come sostengo che io e gli altri NO Triv abbiamo fallito alla grande lo scorso aprile perché il 70% delle persone cui mi sarei dovuto rivolgere non è andato a votare. Ha detto: Mario, noi il petrolio in fondo lo vogliamo. Questo dovrebbero capirlo anche i comitati.
Fin qui il ragionamento è chiaro, ma la legge nazionale potrebbe sempre scavalcare quella regionale e imporre pale eoliche ad esempio dove il PEAR lo impedisce.
Il Governo potrebbe dire che ha bisogno di altri chilowatt, ma non decide dove posizionare le pale, si potrebbe finalmente ragionare di diversificazione delle produzioni energetiche. Finora invece qui si è voluto preferito parlare solo di eolico.