Se una notte d’estate un viaggiatore si fosse trovato in un paese dell’Alta Irpinia longobarda, per seguire all’alba l’ottavo inizio dello Sponz, avrebbe facilmente trovato il rubinetto a secco. E probabilmente avrebbe detto “Ma che sfaccimma (o perdindirindina o altre esclamazioni meno politicamente corrette)! L’anno scorso le mascherine dello Sponz Pest! Quest’anno il tema è l’acqua… e manca l’acqua“.
No, non si preoccupi lo sventurato viaggiatore. Qui nascono i fiumi, è vero. Ma abbiamo le condotte idriche che perdono metà dell’acqua. E spesso si rompono. E sovente rimaniamo a secco, molte volte con gli avvisi che devono prima passare per le Pec dei Comuni. E’ successo in molti paesi il 24 agosto, già. Ed altre svariate, snervanti, intollerabili volte in passato.
Quindi, amico viaggiatore, non c’è nessun presagio di sventura. Lo Sponz non è maledetto, semmai quest’anno potrebbe essere un’occasione per parlare dell’acqua, dei fiumi, del deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua, delle tante cose pensate e non ancora realizzate su Ofanto e Sele.
Sono quindi andato allo Sponz, alle sorgenti del fiume Ofanto a Torella dei Lombardi. Non c’erano tutte le condizioni per seguire il festival, da parte di chi scrive. Le restrizioni covid, la concomitanza con le campagne elettorali, un po’ di stanchezza per un’estate tutto sommato deludente, una sorta di calo adrenalinico. Ma lo Sponz è lo Sponz. Ed è sempre un piacere ritrovare un grande appuntamento in un paese come Torella, orfano permanente del Premio Sergio Leone. E sarà interessante approcciarsi alle nuove location della valle del Sele, volute dal direttore artistico Vinicio Capossela.
Ovviamente ho bucato l’esordio all’alba, ho 42 anni ma 62 percepiti. Però comincio dalle sorgenti, dove Generoso Picone traccia le caratteristiche dell’Irpinia e degli irpini davanti ai visitatori d’altre terre. Lo fa citando Mario Soldati, la sua visita a Torella. “Posto fantastico, ma la gente che la abita sembrava essere schiava di qualcuno o qualcosa”, fa il giornalista. Ricorda le superstitizioni dei nostri avi. E dunque “occhio alla parola magia abbinata al paesaggio. Perché così si nota un retropensiero che porta a un giudizio negativo implicito”.
“Ma se dovessimo dire cosa ci caratterizza, dobbiamo pensare all’acqua. Non il vento, non le montagne o il verde. Ma l’acqua, quella sì che ci identifica al meglio”.