Alla quarta edizione, lo Sponz Fest diretto da Vinicio Capossela si staglia come un appuntamento imperdibile nell’estate dell’Alta Irpinia e del Sud Italia. Il festival che prende il via lunedì 22 agosto non è il migliore per offerta musicale, in termini quantitativi. E’ un parere di chi scrive, naturalmente. Per fare un esempio l’Ariano Folk Festival propone una rosa di artisti decisamente più ampia. Ma lo Sponz Fest offre come poche manifestazioni in Italia il senso più alto e ampio del termine cultura. Incontro, scambio. Sponz è miscela di musica, letteratura, cinema, arti visive, tradizioni, enogastronomia. Cultura, appunto.
E può sembrare strano parlare di appuntamento imperdibile se si pensa a un programma che seppur ben definito è per certi versi e per sua natura abbastanza confuso. Con esibizioni di gruppi che si ripetono, a volte non si sa dove. Ricordo che l’anno scorso alcuni visitatori partenopei in quel di Calitri mi parlarono della loro delusione. “Ci sembra una normale festa di paese“. Con palco, passeggio, passeggini e bancarelle. I “turisti” non sapevano che mentre guardavano interdetti il corso, nei vicoli di Calitri si nascondeva il cuore pulsante dello Sponz. Con le cantine Valenzio aperte in un matrimonio di salumi tra Parma e Irpinia. Non sapevano che quei vicoli, vuoti intorno alle 22.00, si sarebbero popolati qualche ora più tardi con i suoni della Fanfara Tirana. O che prima le grotte avessero ospitato scrittori e aperitivi. Non immaginavano che il centro storico di Calitri fosse così grande, labirintico e colorato anche senza i suonatori albanesi.
E il discorso valeva per Calitri come per Andretta. Uno spettacolo la serata di inaugurazione, ma all’alba o al tramonto dovevi osservare il Formicoso per ricevere dallo Sponz Fest il meritato premio. Quello che porterebbe a dire “Ecco, questo è un festival unico!”.
Probabilmente venire allo Sponz soltanto per quel concerto o per quella determinata esibizione è quasi una perdita di tempo. D’accordo, quest’anno l’offerta artistica è imponente. Forse più degli altri anni. Oltre a Vinicio Capossela c’è Ascanio Celestini, Micah P. Hinson, Giovanna Marini o Domenico Quirico, solo per citarne alcuni. Ma anche l’ascolto di Celestini o del cantautore americano sarebbe più interessante se preceduto o seguito da un cammino attraverso i luoghi. Lo Sponz, si potrebbe aggiungere, è bello perché vario. Qui ognuno può trovare il suo angolo, la propria dimensione. All’insegna del ballo o della contemplazione, del casino o del paesaggio silenzioso.
Il fatto poi che le presenze dello Sponz Fest non siano paragonabili al concerto di Melpignano non toglie e non toglierà mai valore alla settimana tra Calitri e l’Alta Irpinia. Perché solo col tempo e con il lavoro si costruisce qualcosa di grandissimo. Poi pazienza se le strade dello Sponz sono popolate da troppi visitatori convinti di fotografare chissà cosa con troppe reflex! E non fa niente se in tanti, forse in troppi, considerino Capossela guru e salvatore della patria, in grado di poter risolvere ogni nostro guaio. Semmai il problema è il Caposselismo.
Ed entrando per un attimo nel suo lato “politico” possiamo dire che lo Sponz rappresenta solo un punto di confronto come altri. Lo Sponz non salverà il nostro mondo. Non lo farà Capossela o chiunque partecipi alla variopinta kermesse. Ma sta diventando un appuntamento dove le persone si incontrano, discutono e magari litigano sulla visione delle aree interne del Sud Italia. O sulla funzione dell’arte. E cosa c’è di meglio?