Tra suicidi tentati ed effettivi. Tre episodi in due giorni in un’Irpinia che ancora una volta viene colpita in maniera pesante dal fenomeno. Abbiamo chiesto alla psicologa Tiziana Rullo di aiutarci a comprendere meglio certe dinamiche.
Innanzitutto, potrebbe essere anche l’effetto di una tendenza all’emulazione?
Il dolore dell’anima talvolta può diventare talmente insopportabile, tale da condurre l’individuo a perdere i propri punti di riferimento affettivi, a provare totale sfiducia nel futuro, dove l’unica soluzione considerata possibile a questo malessere diffuso e profondo è la morte. Il suicidio diventa il risolutore della sofferenza, laddove tutti i tentativi vitali sono falliti. Però nei luoghi dove si verificano numerosi casi di suicidi molto spesso c’è una tendenza di fenomeni emulativi.
Esiste anche una responsabilità dei media su questo aspetto? Come dovremmo trattare questo tipo di notizie noi organi di informazione, per evitare di creare danno o condizionare?
I media possono influenzare negativamente se il messaggio non viene trasmesso correttamente. Nel momento in cui i media si ritrovano a dover riportare una notizia di suicidio è importante che questa venga accompagnata da messaggi di prevenzione, imparare a riconoscere i segnali di allarme, dare informazioni su dove poter cercare aiuto, ma soprattutto sottolineare il messaggio più importante che “non è davvero finita, ci sono tante altre soluzioni al tuo problema“. L’individuo che vive questo stato vede solo la soluzione della morte… il compito di tutti è quello di mostrargli altre possibilità, altre vie d’uscita alla sofferenza psicologica.
Quello dei suicidi è un fenomeno che nella nostra provincia continua a far registrare numeri preoccupanti. Quali le cause?
Le cause possono essere molteplici, non c’è ancora uno studio approfondito sul nostro territorio. Nella maggior parte dei casi possono incidere i disturbi psichiatrici, i tratti di personalità impulsivi e aggressivi; l’uso di sostanze stupefacenti; sconfitte, angosce, il mancato raggiungimento di certi obiettivi; il non far parte di un gruppo, una comunità; non sentirsi appartenenti alla propria famiglia, non essere accuditi e amati; i bisogni insoddisfatti. Spesso quando questi bisogni non vengono soddisfatti, l’individuo può mettere in discussione la propria vita, proprio perchè sentiti come vitali, come il bere o il dormire. Non avere più speranza. La sofferenza psicologica è meno intuibile rispetto alla privazione fisica, ma il dolore è insopportabile. Forse se ne parla troppo poco, e questo non permette di aiutare sufficientemente le persone che poi potrebbero arrivare a compiere questi gesti estremi.
Si può parlare di emergenza e cosa andrebbe fatto per “contenerla”?
Non vorrei definirla una vera e propria emergenza, ma senza dubbio una fase storica che necessita di considerevole attenzione ed empatia verso l’altro. E’ necessario, da parte di tutti, professionisti e non, che vengano compresi gli intensi stati emotivi di questi individui, che non vengano lasciati soli o trascurati, ma che si creino alleanze significative con figure parentali e servizi socio-sanitari, ed inoltre, di fondamentale importanza, la presa in carico farmacologica e psicoterapeutica. Sensibilizzare l’opinione pubblica, conoscere il fenomeno del suicidio, riconoscere gli individui in crisi contribuiscono notevolmente a prevenirlo e contenerlo.