Grandi eventi annullati e stagione dei concerti rinviata all’estate 2021 in tutta Italia. In Irpinia l’Ariano Folk Festival ha anticipato i tempi, comunicando la decisione di cancellare l’edizione di quest’anno già diverse settimane fa. Sullo Sponz Fest a Calitri si sta ragionando e poi ci sono le decine di concerti in piazza, come quelli di Lioni e di Avellino, e le tante sagre dell’autunno destinate a non avere luogo. Non perlomeno nelle modalità tradizionali. Roberto D’Agnese opera nel settore degli eventi da lungo tempo, non soltanto in Irpinia.
E’ una catastrofe questo 2020?
Bah, secondo me è una grande opportunità per la provincia di Avellino. Io vedo solo positività. Se sapremo giocarci le nostre carte, possiamo tirarne fuori qualcosa di buono. C’è anche un rinnovato interesse per le aree interne. Forse arriveranno fondi, ma soprattutto è un’occasione per sedersi finalmente tutti allo stesso tavolo, per mettere da parte visioni parziali della politica e per confrontarsi istituzioni, professionisti del settore e associazioni. Senza campanilismi e senza fughe in avanti, che però mi spiace constatare già iniziano a manifestarsi.
Quindi nessuna lettura piagnucolante della realtà?
L’unico elemento di criticità potrebbe essere la regola dei 1000 partecipanti per gli eventi all’aperto e dei 200 per quelli al chiuso. Ma pensiamoci: mille persone che si fanno portavoce di un territorio come il nostro diventeranno 10mila da diluire in una settimana di eventi. Il passaparola continua a essere il marketing più efficace. Alla sagra di Montella abbiamo innovato portando a cinque i palchi quando negli eventi simili si proponeva ancora il piano bar. Abbiamo avuto una visione e la curiosità hanno fatto il resto.
E allora che estate e che autunno immagina?
Sono almeno 4-5 anni che cerco di far capire agli amministratori e alle associazioni l’importanza di eventi e concerti all’aperto, nella natura. In luoghi come boschi, montagne, fiumi. L’Irpinia è questo, molto più che opere d’arte e architettura. In un centro storico dei nostri, viste quattro belle case o il castello, cosa fai un’intera giornata? Trascorrerla in montagna è più semplice e poi la natura è emozione, ti segna, ti consente di ritrovarti come persona, di metterti in contatto con la tua anima. Intercetteremo microflussi, ma sarà pubblico reale. Ecco, credo che il 2020 sarà l’anno degli eventi nel verde. Per farci conoscere in questa estate e raccogliere i frutti nel 2021. Ma c’è bisogno di coordinamento, di una buona campagna di marketing e soprattutto di professionisti. Qui non ce ne sono tantissimi, ma la politica dovrebbe ascoltarli veramente e al di là dei partiti per fare turismo.
Ok, parliamo di turismo continuamente però di risultati non se ne vedono molti. Questa crisi può finalmente aiutarci a vedere con obiettività la condizione in cui versa l’Irpinia?
Per 30 anni si è tentato di fare turismo senza risultati e, se i risultati non arrivano, significa che qualcosa è andato storto. Grazie a chi ci prova da decenni, per carità, ma adesso basta. Quello irpino non è turismo, non siamo al passo coi tempi. Continuiamo a voler fare le cose, a gestire gli eventi, affidandoci ai volontari. Io sono persona convinta della forza dell’aggregazione, dell’associazionismo, però non è abbastanza. Il volontario spende il suo tempo finché ne ha, poi si ritira e si ritorna sempre al punto di partenza. Sono anni che mi confronto con associazioni e proloco che vivono con l’ansia del “chissà se i conti torneranno”. Bisogna fare un salto di qualità, passare a un modello industriale di turismo. E’ un’attività produttiva e l’elemento economico è imprescindibile. I giovani del posto devono poter guadagnare. La sola passione non basta. Ecco perché insisto sulla necessità di sedere insieme e ragionare. Il turismo deve essere accettato dalla comunità, non può essere imposto. Ci sono voluti anni, ed è novità solo degli ultimi tempi, perché non si parlasse più nelle nostre comunità di forestieri ma di turisti.