‘The prince of Venusia’, il tormento di Carlo Gesualdo sul grande schermo

“Dopo la prima del film ho ricevuto molti messaggi. Vedo un sorprendente interesse per la figura di Carlo Gesualdo, dovuta alla scelta di comunicare questa storia in chiave pop, e spero di riuscire a portare la pellicola anche in Irpinia”.

Silvio Giordano è il regista di “The prince of Venusia”, un mediometraggio (dura 34 minuti) dedicato al madrigalista Carlo Gesualdo. Girato in Basilicata, il film è stato già proiettato a Potenza e Maratea e arriverà nelle prossime settimane a Matera. “Con il sindaco di Venosa – spiega Giordano – vorremmo creare un ponte tra tre luoghi in cui il principe ha vissuto: Ferrara, Gesualdo e appunto la cittadina lucana”.

Un’opera esistenziale, intensa, a tratti cruda; che mette a nudo la coscienza del madrigalista a partire dal suo ultimo giorno di vita procedendo a ritroso. Poche riprese esterne, il centro della scena è una stanza buia inquadrata dall’alto con una stella disegnata a terra. Qui Gesualdo viene tormentato da “spettri”, presenze femminili che richiamano la credenza lucana e meridionale delle streghe.

Niente dialoghi. A parlare sono sempre e solo le figure femminili, rappresentazione plastica delle imposizioni della società seicentesca. La croce impone la preghiera e del resto il principe aveva ricevuto una formazione gesuita; il teschio rappresenta la morte che annuncia di volta in volta la fine di qualcuno; la corona, cioè i doveri regali da onorare in seguito alla morte del fratello, ordina a Gesualdo “tu devi farti principe, devi sposare tua cugina, devi mettere al mondo dei figli”. Il pugnale invece impone l’uccisione della moglie fedifraga in osservanza alla legge dell’onore vigente a quel tempo (“la città chiede purificazione”, si ode nella scena), e infine ritorna la morte ad annunciare l’altra dipartita, quella del figlio, chiudendo così il cerchio di un’esistenza senza eredi, senza speranza, oppressa dal senso di colpa, dalla consapevolezza che condannare la moglie infedele all’uccisione non è altro che una condanna per se stesso a morire un po’ ogni giorno.

Realizzato con costumi del ‘500 sfruttando un finanziamento della Basilicata Film Commission e della Banca di Credito Cooperativo, il mediometraggio di Giordano dona alla storia del principe di Venosa una prospettiva diversa. “E’ un’opera sperimentale nella quale non ho voluto riscattare la figura di un assassino – precisa il regista – ma fornire un diverso punto di vista. Purtroppo a distanza di secoli la nostra società è ancora ingabbiata in una serie di imposizioni che, come nel caso di Gesualdo, condannano a un’esistenza infelice e a morti inconcepibili”.

Grande attenzione è stata prestata alla cura dei particolari: le scene si presentano come opere di arte contemporanea, in cui sono i corpi a parlare in tutta la loro forza espressiva. “Ho disegnato lo storyboard consegnando agli attori dei fumetti”, spiega Giordano. Una tecnica usata anche da maestri della cinematografia mondiale come Ettore Scola e Francis Ford Coppola. “I miei disegni, assieme a un pezzo di madrigale – continua il regista – sono stati i materiali a partire dai quali Giacomo Vezzani ha scritto le musiche, tirando fuori delle tracce intense”. L’ultimo quadro vede in una cattedrale i cinque spettri vestiti di bianco con rose rosse, candidi e trasformati in un coro a cinque voci. E’ il coro dei madrigali e a esso Carlo Gesualdo affida la sua voce, lui che fece della musica la sua consolazione.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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