Primo Piano

Un pianista irpino compone e suona il tuo nome

Una melodia personalizzata, non soltanto perché rispecchia il nostro nome e cognome, ma anche perché la “mano” creativa aggiunge sempre un tocco personale e rende ogni sequenza sempre differente. “Io suono il tuo nome” è l’iniziativa lanciata dal talentuoso pianista mercoglianese Luis Di Gennaro che, rielaborando dei sistemi crittografici settecenteschi che associano le note alle lettere dell’alfabeto, crea delle tracce musicali che corrispondono alla versione suonata di un nominativo. Cosa chiede in cambio? Soltanto se si vuole, un baratto. Un prodotto tipico, un oggetto significativo, un simbolo, da spedire a casa sua, in vico Ferrari 4 a Mercogliano. Altrimenti a Di Gennaro basta aver fatto un bel regalo a qualcuno che voglia “sentirsi suonare”. Com’è nato questo progetto nella mente dell’istrionico musicista irpino?

«Durante il lockdown. Ma lo facevo solo per una ristretta cerchia di amici, per passare il tempo e contemporaneamente coltivare i legami a distanza attraverso l’arte. Poi mi sono detto: perché non farlo per chiunque? E così ho registrato il marchio e ho iniziato a far girare l’iniziativa sui miei canali social».

Luis chiarisce che la paternità dell’idea non è sua, ma del compositore tedesco Johann Sebastian Bach: «Nelle opere di questo immenso artista c’è una sorta di “firma”, di sequenza di note che corrisponde al suo cognome in base ad un sistema da lui inventato e che associa la “B” al SI Bemolle, la A” ad un LA, la “C” al DO e la “H” al SI naturale. Questa idea è stata ripresa da alcuni compositori francesi nel secolo successivo, come Maurice Ravel, che hanno creato un’altra crittografia».

Ma il metodo del compositore irpino si ispira ad entrambi: «Ho compilato una tabella 7×4, nella quale le note sono sovrapposte alle lettere con un sistema di matematica modulare, in base al quale un multiplo ha una correlazione sempre regolare con il suo numero di partenza. Ad esempio, con gli orologi, se alle ore 8.00 del mattino aggiungiamo 12, abbiamo le 20.00, ovvero le 8 di sera. Questo è un sistema modulare di 12. La stessa cosa avviene con le note, con un modulare di 7, e l’alfabeto. Io segno sulle lettere sia il metodo di crittografia tedesco che quello francese e, quando lavoro su un nome, faccio diverse prove. Decido i diesis o i bemolle. La sequenza che “suona meglio” la tengo».

Ma la composizione finale non è comunque la semplice somma delle note associate: «Tengo conto dei respiri che si fanno quando il nome viene pronunciato. È un elemento importante soprattutto per i nomi stranieri, che non vengono letti nel modo in cui si scrivono. Ogni nome ha una sua sonorità e una sua unicità, che cambia quando è associato al cognome. Non ho composto un “Maria” che utilizzo per tutte le donne che si chiamano così, va combinato con quello che viene dopo. Se poi c’è omonimia totale, come un nonno e un nipote, modifico le tonalità, così da non avere mai lo stesso risultato. All’interno di uno stesso nome, poi, ci sono lettere che si ripetono, allora uso le ottave: decido io se ribattere la stessa lettera-nota in modo identico o modificarla. E ci aggiungo sempre un po’ di improvvisazione».

Ma la creazione continua anche dopo che la melodia è stata ceduta perché, oltre alla traccia registrata live al pianoforte, Di Gennaro regala anche lo spartito, «così ognuno può farsi suonare il nome da altri, magari con strumenti e arrangiamenti diversi. Immagino una nuova coppia, in cui uno dei due sia musicista. Quanto sarà bello “ascoltarsi”, suonato dalla persona amata?».

Il riscontro è stato immediato e numeroso, e le richieste che arrivano sono davvero di tutti i tipi: «C’è chi resta fedele all’anagrafe e chi preferisce darmi il suo soprannome o il nome d’arte. Alcune persone transessuali mi hanno chiesto di provare a suonare i loro nuovi nomi. D’altronde, il nome deve rispecchiare la persona che sentiamo di essere e non sempre coincide con quello che ci viene affidato alla nascita dai nostri genitori. È un pezzo della nostra identità, a tutti gli effetti».

Per questo lavoro di composizione, il musicista irpino ha scelto di non farsi pagare ma, soltanto se lo si vuole, di barattare il pezzo con un oggetto: «Mi sono ispirato a Franco Arminio e al suo baratto con il libro di poesie. Trovo sia bellissimo che, come la mia musica viaggia da casa mia in tutta Italia e oltre, così da altri paesi vengono spedite delle cose che arrivano a Mercogliano. È un modo per restare connessi attraverso qualcosa di concreto, che abbia un significato. Una famiglia in Toscana, ad esempio, mi ha mandato un giocattolo che contiene sabbia e un liquido colorato e, in base a come viene manipolato, compaiono delle forme ogni volta diverse. Era il gioco preferito dei loro bambini da piccoli». Qualcuno, però, resta diffidente: «C’è chi, quando apprende che non voglio soldi, chiede dove sia la fregatura. E io rispondo che se non vuole mandarmi nulla non c’è problema, perché io ho già ottenuto il mio tornaconto: la possibilità di perfezionare questo metodo compositivo».

Il futuro del progetto? «Un intero album, caricato direttamente su Spotify, con tutte le imperfezioni di sorta presenti nelle registrazioni originali, senza affidarmi a correzioni o post-produzione. Ovviamente, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da coloro per cui le tracce che selezionerò sono state create».

Decisamente, con Luis Di Gennaro il significato di un’espressione come “Adesso vi suono per bene!” è cambiata e, da minacciosa intenzione, si è trasformata in poetica promessa.

Rosaria Carifano

Giornalista nonostante tutto, autrice per caso. Insegno danza e cerco cosa abbiano in comune un corvo e una scrivania.

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