Addio Partite IVA: lo Stato italiano dice addio a metà dei lavori italiani | O ti fai assumere o muori di fame

Partita Iva (Canva) IrpiniaPost.it
Un cambiamento epocale scuote il mondo del lavoro: cosa accade alle partite IVA all’interno del Ministero della Cultura
Il lavoro autonomo in Italia è sempre stato croce e delizia. Da una parte libertà e flessibilità, dall’altra precarietà e mancanza di tutele.
Negli ultimi anni si è discusso spesso del futuro delle partite IVA, tra agevolazioni promesse e vincoli burocratici sempre più stringenti.
Molti professionisti hanno trovato spazio anche nelle istituzioni, portando competenze preziose laddove il personale interno non bastava più.
Cosa succede, però, quando lo Stato decide di cambiare rotta e chiudere le porte a queste collaborazioni?
Un’esperienza unica e preziosa nelle istituzioni
Dal 2020 il Ministero della Cultura aveva intrapreso una strada innovativa: bandi pubblici rivolti a professionisti con partita IVA, figure altamente specializzate chiamate a colmare gravi carenze di organico. Architetti, storici dell’arte, archeologi, restauratori, ingegneri, archivisti e bibliotecari hanno lavorato fianco a fianco con i funzionari, entrando nella macchina organizzativa delle soprintendenze, dei musei e delle biblioteche.
Non era una semplice consulenza esterna, ma una vera collaborazione operativa. Questi professionisti hanno affiancato i dipendenti pubblici nei procedimenti amministrativi, nella progettazione, nelle ispezioni e persino nella gestione dei cantieri finanziati dal PNRR. L’apporto multidisciplinare ha rafforzato l’azione dello Stato, permettendo di dare risposte più rapide e qualificate a cittadini e imprese. Per tre anni e mezzo il Ministero ha potuto contare su un patrimonio di competenze che ha reso più agile ed efficiente l’intera struttura.

Il mancato rinnovo e la richiesta di reinserimento
Tutto questo, però, si è concluso il 31 dicembre 2024. La scadenza dei contratti ha lasciato il Ministero improvvisamente privo di quelle professionalità che avevano garantito un salto di qualità nella gestione del patrimonio culturale. Il concorso pubblico recentemente svolto ha portato nuovo personale, ma non sufficiente a coprire tutte le esigenze né a sostituire competenze così specifiche. Il Coordinamento nazionale dei professionisti collaboratori MiC, che conta oltre 300 aderenti, ha chiesto all’amministrazione un dialogo per non disperdere il lavoro fatto.
L’obiettivo è rifinanziare progetti o individuare nuove formule che permettano di reinserire queste figure nei processi ministeriali. Il rischio è che si perda un know-how prezioso, accumulato proprio negli anni in cui la macchina burocratica doveva reggere il peso di un’enorme mole di progetti e risorse legate al PNRR. Il futuro delle partite IVA nel settore culturale resta incerto, ma la vicenda dimostra quanto l’Italia abbia bisogno di un equilibrio tra assunzioni pubbliche e collaborazioni esterne. Senza soluzioni concrete, a farne le spese non saranno solo i professionisti, ma l’intero patrimonio culturale del Paese.