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C’è anche l’Irpinia nel docufilm Rai ‘Non far rumore’

Li chiamano bambini nascosti, sono i figli degli emigranti italiani in Svizzera costretti a vivere nella clandestinità da uno Stato che per diversi decenni si è mostrato disponibile ad accogliere forza lavoro, ma che si è rifiutato di riconoscere diritti alle famiglie. Perché un figlio che deve andare a scuola o avere assistenza medica ha costi sociali troppo alti. Vivevano nel silenzio quei bambini. Costretti per periodi lunghi, anche anni, a“non far rumore”. Proprio come ricorda il titolo del docufilm, firmato dalla giornalistaAlessandra Rossiper Raitre con la regia di Mario Maellaro, presentato questa mattina a Lioni in una prima nazionale in sala cinematografica. Quaranta minuti intensi e commoventi che hanno costituito lo spunto per una riflessione a più voci, moderata dal giornalista Generoso Picone, e organizzata nell’ambito dell’assemblea in Campania dellaConsulta regionale per l’emigrazione.Australia, Svezia, Lussemburgo, Svizzera, Brasile. E ancora: Uruguay, Argentina, Sud Africa, Cile, Stati Uniti, Australia e Canada. Queste le nazioni presenti in Irpinia nel weekend, con rappresentanti delle comunità campane. Occhi umidi e anime scosse per tutti dopo la visione del docufilm che ha richiesto una non semplice gestazione. “Abbiamo parlato tanto con ognuno degli intervistati–spiega l’autrice Alessandra Rossi-.C’è stato un notevole coinvolgimento emotivo. Mesi di trattativa con gli intervistati per convincerli a tirare fuori le cose, i ricordi. La dimensione dell’abbandono e della solitudine, la rabbia, il rapporto con la famiglia. Più storie di abbandono: dell’Italia, della Svizzera, dei collegi, della famiglia. Per alcuni di loro le storie di emigrazione sono storie di fallimento familiare, di incapacità a perdonare i genitori per averli costretti a quel tipo di vita”.Poi aggiunge: “La pellicola è un prodotto fatto da adulti, ma che parla di infanzia e ci dice che l’infanzia non finisce mai, i segni di ciò che viviamo da piccoli non si estinguono crescendo“. Per il preside dell’istituto Vanvitelli,Gerardo Vespucci, presente con una delegazione di studenti:“Se il passato è stato duro per molti di quei bambini, non dobbiamo dimenticare che tutti noi abbiamo avuto un emigrato in casa. Conosco bene i sacrifici e le privazioni di chi emigrava.Il docufilm parla alle giovani generazioni.Imparate le lingue e andate all’estero oggi, ma con la speranza che ritorniate. Portate la vostra storia e le vostri origini con orgoglio. La domanda però è una: possiamo noi oggi comportarci come la Svizzera di allora? Se ci comportiamo come allora, non avremo più diritto di chiedere che la Svizzera si scusi”. Della discussione anche i consiglieri regionali Antonella Ciaramella e Carlo Iannace, oltre alla presidente della Consulta per l’emigrazione Rosetta D’Amelio.“Ho voluto che l’organismo, che si riunisce ogni tre anni, venisse anche in Irpinia oltre che a Napoli e Paestum. Dobbiamo puntare sul turismo di ritorno, sulle nuove generazioni di emigranti e non a caso in questi giorni avremo con noi, oltre ai consultori, diversi giovani”, dice.Toni Ricciardi, storico e docente dell’Università di Ginevra, commenta:“Sono stato anche io uno dei bambini nascosti. Avevo pochi mesi. L’ho scoperto richiedendo il certificato di residenza e confrontando con il libretto dei vaccini”.Intervistato nel docufilm, lo scrittore aggiunge:“Noi abbiamo sempre la tentazione, per dare valore al sacrificio, di dire che gli emigranti hanno avuto successo all’estero. Dal punto di vista delle storico, invece,la storia è il racconto della normalità, di quelle vite che altrimenti nei libri di storia non ci entrerebbero mai”. comments

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