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Calitri no eolico ma con eolico a vista, esempio del fallimento altirpino

Partiamo dai fatti. Nel territorio di Bisaccia, al confine con Calitri, si parla da giorni del progetto per un nuovo parco eolico. Gli impianti saranno visibili anche dal territorio calitrano. La zona è nota per svariate e importanti produzioni legate al mondo del buon cibo. Due esempi. Non lontano dall’eventuale agglomerato di pale eoliche ci sono le tenute Zampaglione, le vigne del Don Chisciotte per intenderci. E la nuova Cheese Academy di Di Cecca, produttore di formaggio tra i più noti in Alta Irpinia ma non solo.

Calitri, anche questo è un fatto, non ospita sul proprio territorio l’eolico. E’ stata una precisa scelta del sindaco Michele Di Maio, ma in generale si può dire che qui l’energia del vento non abbia mai attecchito. Del resto uno dei luoghi più belli dell’Alta Irpinia ha vissuto più stagioni, tutte però incentrate su altro tipo di offerta commerciale (in senso lato) e culturale da circa 15 anni a questa parte dopo i fallimenti delle industrie. Dalle case agli stranieri alla città della ceramica, dallo Sponz Fest alle produzioni tipiche. E si può dire che abbia vinto un round. Il paese è ormai conosciuto fuori dai confini provinciali, è oggettivo (Ha vinto solo un round, non la battaglia contro lo spopolamento e per il lavoro, perché ad esempio i problemi a valle nell’area industriale non sono mai stati risolti. Gli opifici vuoti sono tristemente realtà).

Adesso all’orizzonte l’eolico (foto di copertina dal progetto), che probabilmente si avvicinerà ai confini comunali. Calitri divide la stessa sorte con Sant’Andrea di Conza, sempre contro ma di fatto circondato dagli impianti. E’ un dato anche questo. I due comuni stanno da tempo ricercando strade alternative per non cedere pezzi di territorio alle compagnie. L’eolico, del resto, non fa esattamente rima con agricoltura di qualità.

Qui però non si sta demonizzando lo sfruttamento del vento. L’eolico non sarebbe il male assoluto, forse nemmeno il male e basta. Può diventare un fattore destabilizzante – o dannoso per la terra, l’ambiente e la sicurezza – se non viene inserito all’interno di una cornice più ampia: piano energetico, distretto energetico (parole ascoltate e mai attuate in questa regione). L’eolico diventa dunque oggetto di discussioni, o manifestazioni di contrarietà, anche se non produce una compensazione economica adeguata per le comunità. E se queste compensazioni non vengono – ed evidentemente non è accaduto nemmeno in passato – riversate alla cittadinanza sotto forma di servizi: strade, impianti sportivi, interventi di mitigazione ambientale.

Ora i dubbi, le domande, un paio di riflessioni. La prima riguarda l’Alta Irpinia intesa come comunità allargata. La sensazione è che ognuno, ogni territorio, continui ad andare decisamente per conto suo su tutti i fronti. E sempre di più. Questa non può essere esclusiva colpa del presidente della Città Alta Irpinia (si chiama così nelle carte), Ciriaco De Mita. Troppo comodo individuare una sola persona, come se poi De Mita si svegliasse la mattina e facesse colazione con le carte dei progetti sull’eolico davanti. Raramente abbiamo sentito un sindaco parlare di ambiente, compensazioni, strategie comuni, in quel di Nusco. E se è arrivato qualche esponente nazionale o regionale a discutere di vento nella parte orientale della provincia, ciò è avvenuto solo dopo la stagione degli attentati agli impianti (non da parte degli ambientalisti, ma di gruppi che imponevano il racket per la sorveglianza). Le giustificazioni delle varie amministrazioni, oggi, appariranno anche in buona fede. Ma un approfondimento sull’efficacia o sull’inefficacia della moratoria regionale non è mai stato chiesto.

Nella migliore delle ipotesi stiamo assistendo, ma forse è un bene, a micro-intese tra 3-4 paesi con caratteristiche e punti in comune su turismo e vivibilità, salvo mobilitazioni istituzionali a mezzo lettera per richiedere un’inversione di rotta sulla sanità che mai avevano chiesto in questi ultimi anni.

Non era questo il sogno dell’Alta Irpinia, ma forse resta l’unica prospettiva possibile. Abbiamo ascoltato tanti progetti alternativi in questi anni, non sembra ne sia stato realizzato alcuno. C’è solo la volontà, forse quella, di procedere diversamente in mini-contesti. Ne consegue che parlare di strategie sovra-comunali non può più avere senso in territori troppo diversi, con storie passate e recenti opposte, con approcci divergenti. Il fallimento è nel campanile, semplicemente e drammaticamente. A scanso di equivoci, nessuno vuol dire a questo o a quel sindaco cosa fare o cosa avrebbe dovuto fare. E’ soltanto una constatazione del nonsenso di tutte le parole ascoltate negli ultimi 5-10 anni.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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