Compsa abbandonata, tra il vento e le lamiere

Il distretto turistico dell’Alta Irpinia e il Progetto Pilota, il turismo e le aree interne, lo sviluppo che passa per la valorizzazione dei luoghi, delle risorse paesaggistiche, culturali, architettoniche. Le sorgenti di Caposele e il Santuario di Materdomini, le piste da sci sul Laceno, Calitri con Capossela e Cairano con Dragone. I borghi, tanti, più o meno belli. Gli alberghi diffusi da Castelvetere fino a Quaglietta. Le terre del vino e delle cantine: le terre del Fiano, Taurasi e Montemarano fino a Castelfranci. I castelli. E l’archeologia eclanese, il mito della Mefite tra Rocca San Felice e Villamaina. Il percorso religioso da legare, partendo da Montevergine. Tutto da mappare e mettere a sistema. Da tempo ne parliamo, nell’ultimo periodo con crescente intensità, ma andando sui luoghi citati in tutti i convegni cosa troviamo davvero?

Ad esempio, visitare il Parco archeologico di Compsa è possibile solo su prenotazione. La mancanza di risorse, infatti, limita la possibilità di tenere aperto il sito con costanza.

Così il portale web della Pro Loco di Conza della Campania, che si occupa di accompagnare i visitatori, spiega come fare per “richiedere” il tour turistico. Si paga un biglietto simbolico che va dai 3 euro ai 50 centesimi per i residenti, i nativi e gli iscritti all’Aire conzana. Nei mesi di luglio e agosto, però, tutti i sabati e le domeniche il Parco è aperto. Questo almeno ufficialmente. La competenza sul luogo ce l’ha la Soprintendenza.

Domenica scorsa, su segnalazione di alcuni lettori, siamo andati sul posto. Chiunque avesse voluto, avrebbe potuto entrare nel Parco. Chiuso l’ingresso principale sulla strada che dall’Ofantina sale fino a Conza vecchia, spalancato quello secondario. Bastava affrontare a piedi una salita di qualche decina di metri tra i cespugli per ritrovarsi nel punto più alto della collinetta davanti a un cancello aperto, a quel che resta del campetto di calcio costruito nel 1957 (peraltro azzerando murature in buono stato di conservazione forse appartenenti a un castello) e a una staccionata, posizionata sul lato opposto, che dà verso la diga e il lago. A quanto pare l’ingresso sarebbe aperto già da tempo.

Per chi non lo sapesse Conza della Campania ha vissuto almeno tre vite: una in epoca romana, le cui tracce sono rimaste nascoste fino agli inizi degli anni ’80; una in epoca moderna terminata la sera del 23 novembre di 37 anni fa; una iniziata nel dopo terremoto, qualche centinaia di metri più a valle. Dalla cima della collinetta (seconda foto in basso), sulla quale sorge una struttura in acciaio, la stratificazione è evidente. Rimuovendo le macerie di Conza vecchia (terza e quarta foto in basso), diventato paese fantasma dopo la scossa dell’Ottanta, vennero alla luce testimonianze di complessi edilizi e strutture urbane di epoca romana e preromana, inglobate in strutture posteriori.

  

Nel 1998 tutta l’area venne sottoposta a vincolo archeologico e nel 2003 fu inaugurato il Parco Storico e Archeologico di CompsaPer diversi anni i diciassettenni del posto sono stati “ingaggiati” durante l’estate per fare da guide all’interno del sito. Vari i progetti in cantiere: ad esempio nel piano triennale comunale delle opere pubbliche figurano voci come il miglioramento dell’accessibilità agli scavi, il recupero di edifici a scopo ricettivo, la creazione di un centro di documentazione e servizi al turista e altro ancora. Ma i fondi tardano ad arrivare. E intanto quella che potrebbe essere una sicura risorsa per l’economia locale rischia di essere danneggiata dall’incuria e dall’abbandono. Il Museo archeologico è chiuso, ma dalle finestre spalancate o con i vetri infranti sono visibili pile di cassette di reperti che devono essere anche stati catalogati nel 2003 e nel 2005, stando alle date appuntate. Ci chiediamo se siano tutte piene, quelle cassette, e se sia questo il modo migliore di conservare oggetti che vengono da lontano nel tempo.

Aperto e in pessime condizioni invece l’edificio che ospita il sismografo. Cartelli divelti segnalavano la presenza del museo e dell’anfiteatro romano. Qualche decina di metri più a est, si arriva all’area della cattedrale di Santa Maria Assunta in cieloGli scavi sono coperti da tettoie in lamiera pericolanti, piegate probabilmente dalle intemperie e dal peso dei rami degli alberi. Sotto le lastre di vetro inserite nella pavimentazione a copertura dei resti della cripta sono nati muschi.

    

 

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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