Siamo al bivio. Da una parte l’immobilismo di chi osserva quasi impotente la “macchina” della politica, dall’altra i meccanismi audaci e cinici per nuove investiture popolari. La frattura tra chi gestisce e chi osserva è sempre più marcata e netta e, nonostante il brusio di qualche sporadica contestazione, chi vince, tra astuzia collaudata e impertinenze da utilizzatore finale, alla fine ha sempre ragione.E’ il succo della politica, che piaccia o no, che consente a chi vince di amministrare e ai perdenti di contrastare con alternative valide le scelte del vincitore. Incombe sull’Italia il Partito della Nazione, e come afferma Sacconi del Nuovo Centro Destra, “l’unico partito di opposizione è l’Istat con la sua cruda rappresentazione della realtà”. Il rischio (calcolato) dell’approvazione dell’Italicum, il sistema elettorale a doppio turno efficace dal primo luglio 2016, consentirà 100 collegi in cui verrà diviso il territorio con capilista di ogni formazione bloccati. Gli altri, per le liste che eleggono più di un deputato, verranno scelti con le preferenze. La soglia di sbarramento è al tre per cento e accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono su base nazionale questa percentuale. 340 seggi su 630 verranno assegnati al partito che conquisterà’ la soglia del 40% al primo turno e del 39,9% al secondo turno. Chiaramente, è stato stabilito che uno stesso candidato può posizionarsi come capolista in dieci collegi. Poi opterà… Una sorta di garanzia per i piccoli partiti che favoriranno i fedelissimi dei segretari. Il modello dell’Italicum, ancora una volta non consentirà di mettere al centro il rapporto con gli elettori. Assomiglia a una sorta di sigilli apposti ad un cantiere, che per il Premier è aperto, per le minoranze e i dissidenti interni al Pd è ben chiuso. Anzi recintato. Lo spartiacque della norma approvata non consente ai partiti di perdere più tempo, e questo vale sia per la maggioranza che per la minoranza. Vale per il Pd, alla ricerca di una sua identità che non è configurabile solo con il leader del momento, vale per il centrodestra sempre più incapace di intercettare e aggregare strati sociali diversi e più ampi. Vale per i 5 Stelle che dovranno sciogliere il nodo, tra voto di governo o di protesta. Insomma, fatta la Legge, in attesa che il Senato verrà abolito, siamo incamminati verso una svolta che ci porterà al monocameralismo che di fatto, porterà volente o nolente, alla mutazione genetica dei partiti. La capacità e i difetti di Renzi si racchiudono nella scelta dell’Italicum, con la durezza della decisione a tutti i costi di non accettare veti e di traghettare il Pd verso l’abbattimento delle oligarchie con tutti i rischi connessi alle insorgenze dei delusi e dei ” puristi ” della politica vista in senso tradizionale. Tutto cambia, muta e si modella nel rispetto delle convenienze e dell’agire politico. Il caso Campania tiene banco per le scelte dell’irriducibile Ciriaco De Mita, che in una notte ha scelto il centrosinistra di De Luca al centrodestra del recente alleato Caldoro. Un gioco di prestigio, durato una notte, che alimenta polemiche, giudizi e sospetti su un politico al centro di titoli di stampa e di analisi anche spietate. Ma De Mita, che oltre ad essere un buon giocatore di scopa, distinguendo tra il valore del sette di denari, la “settanta” e le carte d’oro al due di bastoni e alle prese senza effetti finali, ha per consuetudine sempre scelto di interloquire con il presunto vincitore delle elezioni.Con un accordo last minute ha spiazzato amici ed avversari infilandosi nella nuova sfida, piena di incognite e non accettando veti, non si è lasciato impantanare nel progetto della lista unitaria Ncd-Udc. Ai Sommese, Gioacchino Alfano e Foglia, ha preferito un percorso progressivo tutto irpino per rinnovare e ancora una volta rinnovarsi. Per ora, i giudizi su De Mita sulla sua “fantasia” di rifare la Dc sono, per quanto ci riguarda, sospesi. I nuovi processi in cui si è infilata la politica, chiama alla controprova i risultati. Certo l’Istat non offre molte sponde a Renzi, così come la continuità e la coerenza sono spesso figli dell’immobilismo e della paura di rischiare. In politica vince chi ha un voto in più e chi sa meglio interpretare e superare il retaggio relazionale di un recente passato. Le fratture nel Pd, le incertezze e le divisioni di Forza Italia, le “variabili” decisioni dei 5 stelle, pongono problemi di ricostruzione degli spazi di nuovi equilibri e di opposizione. Tutto è in movimento, tutto è incerto, ma nell’indecisione dei distratti, occorre scegliere e comprendere che l’opportunismo in politica è sempre esistito. Per se, per il mantenimento delle posizioni, e in alcuni casi, per tentare di guidare i processi del cambiamento. Attendiamo per verificare…
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