Sembrano tempi duri per chi verrà e vorrà narrar di paesi e genti di paese. “Il Paese dei Coppoloni” può diventare l’opera delle opere della moderna Irpinia letteraria. Scrittori autoctoni nel panico, qualcuno sta chiedendo la cittadinanza a Calitri e Cairano o Monteverde per poter ricavare ispirazione e guadagnare appeal in vista di future pubblicazioni. C’è davvero il rischio che le opere pensate per esser date alle stampe possano non reggere il confronto con “Il paese dei coppoloni”, ultimo libro di Vinicio Capossela edito da Feltrinelli, e quindi restare nel limbo delle bozze incompiute? La domanda è stata posta indirettamente da genti irpine venute dall’Est e ubicate tra il pubblico, nel corso della presentazione all’Abbazia del Goleto. Noi riteniamo che forse questo rischio non ci sia, che quindi si possa continuare tranquillamente nella produzione di volumi e volumetti. Ma riteniamo, d’altra parte, che forse dopo i Coppoloni sia meglio lasciar perdere. E che quindi, di Irpinia, si potrà scrivere tra cent’anni. I cinque motivi per cui si potrà continuare a scrivere di Irpinia anche dopo Capossela: 1) In provincia di Avellino nessuno scrittore o aspirante tale dovrà temere confronti. Oggi Capossela è inarrivabile per fantasia, ritmo, tecnica. E poi è Capossela. “Io so io…”, disse il Marchese.2) A scanso di equivoci non ci riferiamo a Franco Arminio, nonostante il vociare in platea durante la presentazione al Goleto. Siamo convinti che l’opera di Arminio non perderà valore. Capossela è ormai un grande scrittore. Arminio resta un formidabile descrittore. E c’è sempre spazio per descrivere. 3) L’operazione “nostalgia dei tempi andati“ non è presente nei Coppoloni, rispetto ad altre opere irpiniche. Ma visto che la nostalgia non passa mai di moda da queste parti, sì. Si può continuare all’infinito. 4) “Irpinia, vuoto da riempire o vuoto da far echeggiare?”. Capossela non lo sa, si mostra abbastanza confuso sull’argomento. E’ normale, è un artista vero. Ed è per questo che lui, a differenza di diversi letterati nostrani, non sarà mai un politicante o un opinion leader. Ma questi ultimi avranno sempre un editore. 5) In certe parti d’Irpinia si muore tutte le mattine, ma la voglia di presentare libri in giro non muore mai. E i cinque motivi per cui non si potrà continuare a scrivere di Irpinia dopo Capossela: 6) Capossela coglie l’assurdo in un camion, in un mezzo meccanico. Alcuni scrittori quei mezzi meccanici neanche li vedono. Quindi Capossela, che in Irpinia non è nato, risulta un attento descrittore, più di molti scrittori autoctoni cresciuti a pane e Irpinia. 7) Capossela, a differenza di vari autori nostrani, non è affatto presuntuoso e lo dimostra festival dopo festival, disco dopo disco, libro dopo libro. 8) Capossela si è sì schierato contro il petrolio, ma ha ribadito di non voler essere portavoce di nessuno e di nulla. A differenze di certi cantori d’Irpinia, qui ci vede anche il marcio e si scaglia contro i giocatori di slot-machines. 9) Capossela influenzato da Sherwood Anderson e John Fante, William Faulker e Carlo Emilio Gadda. Qui non si riesce a superare l’eredità di Francesco De Sanctis… 10) Ho pensato per giorni ai parallelismi Mississipi-Ofanto e Faulkner-Capossela tracciati da Francesco Durante nella presentazione al Goleto. Dopo un iniziale scetticismo mi sono convinto: c’è del vero. A volte anche l’Irpinia è tragica e grottesca. Come certi artisti autoctoni che in Irpinia non vedono il tragico né il grottesco. “Io sui mezzi a motore ci sono cresciuto…E mi ricordo ancora la prima parola che ho letto! Ero criaturo, scalzo camminavo in mezzo alla campagna del Guarramone, che dovevo arrivare da una certa parente, e mi frecava la paura dei cani. Si avvicinò un autobestio, un cambion col muso bombato, faceva un rombo che allontanava cani e lucertole…” (Da Il Paese dei Coppoloni, Vinicio Capossela) “Glielo avevo detto di non portare quel cavallo per rispetto alla sua mamma morta, perché non sarebbe stato bello, lui che si pavoneggiava su una dannata bestia da circo con lei che ci voleva tutti quanti sul carro insieme a lei…” (Da Mentre Morivo, William Faulkner)
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